
Si tratta di un’antica ricetta contadina, in realtà semplice riutilizzo degli avanzi, così buona da “accecare” i mariti di Dario Ersetti

Cecamariti. Foto di Dario Ersetti
La FAO, l’organizzazione dell’ONU per l’alimentazione e l’agricoltura ha dichiarato il 2016 “Anno Internazionale dei legumi”, semi nutrienti per un futuro sostenibile e cibi cardine della Dieta Mediterranea. Ci è sembrato dunque opportuno proporre come prima ricetta dell’anno una squisita preparazione tutta pugliese a base di legumi: i cecamariti.
Più che una ricetta è un metodo di cottura, o addirittura un tipo di presentazione, o, se vogliamo… uno stato d’animo.
Il nome sembra voglia dire che il piatto è tanto buono che il marito dovrà chiudere un occhio e forse anche due sulle scappatelle della moglie. La ricetta, oltre che buona, è anche molto articolata e sembra prevedere una lunga preparazione mentre, in realtà, si tratta di avanzi sistemati in un certo modo. Da qui la leggenda della moglie indaffarata in cucina per ore, mentre in realtà era in ben altre faccende affaccendata, e del marito accecato dalla sua bravura e dedizione, oltre che dalla bontà del piatto.
La ricetta prevede dadini di pane fritti nell’olio aggiunti a legumi cotti a pignata. Per cui avremo piselli a cecamariti, oppure fave, fagioli, ceci ecc. Spesso si uniscono anche verdure nfucate o scattariciate (stufate o saltate).
Un altro nome di questa pietanza è muersi.
Era un piatto molto diffuso in passato, di cui ormai rimaneva quasi solo il ricordo, ma rilanciato in questi tempi di revival delle antiche ricette contadine. Molto sostanzioso, era in realtà una prima colazione, che la moglie preparava al marito al mattino prima che questi andasse a lavorare nei campi, un po’ prima del sorgere del sole, assieme a un bel bicchiere di vino.
Se si decide di realizzare in casa questo piatto conviene senza alcun dubbio seguire il principio originale, cioè utilizzare gli avanzi. Quindi i piselli secchi o le fave secche, cucinati il giorno prima se non nella classica pignata sul caminetto almeno in una pentola di coccio. Cucinare, magari il giorno dopo, le verdure spontanee scattariciate. Il giorno dopo ancora si possono unire i legumi con le verdure con l’aggiunta, per ogni commensale, di una buona manciata di dadolini di pane di grano duro fritti nell’olio, olio che servirà anche a condire il piatto.
Cuocere tutto lo stesso giorno sembra una fatica inutile.
Due parole sulla scelta degli ingredienti. Nei negozi si trovano normalmente legumi di provenienza americana (Usa e Canada), che si distinguono per la loro grandezza, e più raramente di provenienza orientale (India), che di solito sono più piccoli. In Oriente sono usati pesticidi proibiti ormai da anni dalle nostre parti, in America le sementi ibride producono legumi belli grandi e insapori. Poi ci sono i legumi di Zollino, ottenuti dai semi che il nonno ha tramandato, semi che si sono adattati al territorio e che non hanno bisogno di tanta acqua. Sapore? Bisogna assaggiarli e poi non se ne può più fare a meno. Quando diciamo Zollino intendiamo qualsiasi paese pugliese dove ci sia un contadino che coltiva i legumi utilizzando i propri semi, quelli del nonno.
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