

Parmigiana di melanzane Leccese. Foto di Dario Ersetti
Risalire all’origine di un nome non è facile. Per quanto riguarda la parmigiana di melanzane sembra che non ci sia nessun legame con la città di Parma né direttamente, né indirettamente attraverso il formaggio parmigiano. Sembra che il nome non derivi nemmeno dal termine siciliano “parmigiana”, con riferimento alle listerelle sovrapposte che formano la persiana. Poiché si esclude anche che il termine sia una deformazione dell’altro nome della melanzana, e cioè “petronciana”, possiamo concludere che siamo in alto mare.
La parmigiana leccese è fortemente legata alle tradizioni e agli stili di vita dei salentini e dei leccesi in particolare.
La festa di Sant’Oronzo, patrono della città di Lecce, che cade il 26 agosto, si connette alle antiche feste pagane legate alle stagioni: è la fine dell’estate, si rientra in città dal mare, inizia l’autunno e si riprende la vita cittadina.
Ma se nel giorno della festa c’era l’usanza di mangiare il galletto arrostito oppure al ragù, per la consuetudine cattolica doveva esserci una vigilia di penitenza. E alla vigilia di Sant’Oronzo si mangiava la parmigiana di melanzane, che pur essendo, appunto, un piatto da vigilia, era confezionato con abbondanza di ingredienti. Come per la pasta al forno, tipico piatto della festa, si metteva nella parmigiana tutto quello che il portafoglio (e la coscienza religiosa) consentiva: mozzarella o scamorza, uova sode, formaggio parmigiano e addirittura polpettine di carne, mortadella e prosciutto. Una chiave per valutare la gastronomia salentina è la frase che si sente dopo aver chiesto gli ingredienti di una ricetta: “Quello che metti trovi”. Significa che i singoli ingredienti non perdono il loro valore nella mescolanza: la scamorza rimarrà tale, così come le polpette, ecc.
Infine una nota: per quanto riguarda la melanzana è un luogo comune la necessità di cospargerla di sale per eliminarne l’amaro. Consuetudine giusta e doverosa in passato ma assolutamente inutile e dannosa oggi, in quanto le melanzane moderne sono coltivate in modi diversi e in tempi molto più brevi dei decenni passati, non hanno bisogno di una lunga cottura e non sono amare.
La ricetta
Dosi per 8 persone:
- 1,5 kg di melanzane
- 3 uova
- 150 gr di farina
- 500 gr di pomodoro
- 1/2 cipolla
- 1 spicchio d’aglio
- qualche foglia di basilico
- 1/2 bicchiere d’olio
- 300 gr di scamorza
- 150 gr di parmigiano grattugiato
- sale q.b.
- olio per friggere (preferibilmente extra vergine d’oliva)
Preparare una salsa facendo appassire in olio la cipolla e l’aglio tritati e aggiungendo il pomodoro; poco prima di finire la cottura, unire il basilico e aggiustare di sale.
Affettare le melanzane per lungo, con uno spessore di 1/2 cm, passarle nella farina, nell’uovo sbattuto con un po’ di sale e friggerle in abbondante olio.
In una pirofila unta d’olio buttare un mestolo di salsa di pomodoro, formare uno strato di melanzane, una manciata di parmigiano grattugiato, un mestolo di salsa, fette di scamorza, un altro strato di melanzane e così via. Finire con il pomodoro.
Infornare a 180° per una quarantina di minuti.
Questa è la ricetta tradizionale leccese. Una variante prevede che le melanzane siano grigliate invece che fritte. In un’altra, le melanzane sono pelate e passate nella farina di grano duro, nell’uovo sbattuto e di nuovo nella farina, facendo assomigliare il piatto alla pasta al forno, in quanto le melanzane trattate in questo modo diventano praticamente irriconoscibili.
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