Quella creata dal poeta e intellettuale di Rodi Garganico è una sorta di Antologia di Spoon River degli oggetti persi e dimenticati di Michele Presutto
Può una vecchia torcia disquisire di quando molto tempo prima illuminava le stanze di case e di vita quotidiane? E cosa dire di un libro sopravvissuto al tempo e a violenti traslochi? E cosa poi di un fumetto western ingiallito e impolverato? Di quando il western era sì selvaggio, ma non ancora pulp. E poi una strana sveglia che ha rotto il suo filo che la legava al tempo, un tempo divenuto vuoto, assente, ma appunto per questo terribilmente pesante.
Sono queste alcune domande che emergono dalla lettura dell’ultima incursione letteraria di Sergio D’Amaro, dall’emblematico titolo La casa degli oggetti parlanti, pubblicato nel 2015 dalla casa editrice Besa di Nardò (pp. 94, euro 13).
L’autore, nato a Rodi Garganico, è un apprezzato, riconosciuto e valido poeta, narratore e saggista che ha alle spalle una nutrita esperienza culturale. Specialista di Carlo Levi è anche collaboratore, redattore e responsabile di diverse riviste letterarie.
Sergio D’Amaro dà voce agli oggetti che vivono, respirano e pensano. Il libro è strutturato in quattordici paragrafi parlanti. Una sorta di Spoon River, come lo ha felicemente descritto lo stesso autore, di oggetti quasi persi o dimenticati. Oggetti che raccontano, con voce sommessa, delle loro vite e di come hanno visto le vite degli uomini che li circondavano e li usavano. Una quotidianità che (s)confina nella memoria e odora di storia. Le grandi e le piccole storie. Dagli aerei che bombardano durante una delle ultime guerre sempre mondiali al ritorno di un emigrante dopo molti anni di silicosi.
Fanno da sfondo, case, paesi, strade e caffè. Luoghi reali, concreti, quasi da google maps, ma che sono, allo stesso tempo, latori di dimensioni oniriche e fantastiche. Luoghi che profumano di mare e di limoni. Del tempo che è passato e d’infanzia, in un giro man mano sempre più vorticoso, fatto di sensazioni e attraversamenti, di percezioni e di spruzzi delle onde in tempesta.
Gli oggetti come pretesti, come giustificazioni, per vedere il mondo da un angolo d’osservazione particolare. Come possono vederlo solo gli occhi irreali di un libro o quelli reali di un bambino che sta esplorando il mondo per perdersi inesorabilmente dentro.
Un libro che si legge con passione, ricco di personaggi curiosi e affascinanti. Una scrittura che è dolce ma anche forte, come ci suggerisce l’autore stesso riferendosi ad una vecchia sveglia i cui “segreti delle ruote dentate fanno procedere il complicato funzionamento dell’anima e fanno della penna il terminale sismografico di ogni buon scrittore”.
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