Una china di Bruno Maggio ispirata ad una delle coppe di Ennione (I secolo d.C.)
L’arte del vetro soffiato, vanto della città di Venezia, potrebbe avere un’origine medio orientale. Lo testimoniano tre antiche coppe provenienti dalla città di Adria, esposte in questi giorni nel Corning Museum of Glass (Usa) nell’ambito della mostra “Ennion: Master of Roman Glass”, intitolata a uno dei più famosi produttori di vetro soffiato del I secolo d.C.
Due coppe, di un bel colore blu cobalto trasparente, perfettamente integre, appartengono al Museo archeologico di Adria. La terza al Museo di Corning. Furono rinvenute, tra il 1904 e il 1905, in una ricca tomba romana a incinerazione con altri straordinari vetri e portano, inconfondibile, la firma del loro autore. Separate subito dopo il ritrovamento, sono state riunite dopo quasi cent’anni e ora raccontano la loro storia agli americani fino al 19 di ottobre quando le coppe adriesi torneranno in Italia.
Come fossero giunte in località “Cuora” di Cavarzere, a sei chilometri da Adria, non è dato sapersi, ma è certo che, fin dall’antichità, grandi quantitativi di oggetti in vetro e ceramiche attiche seguivano le ricche rotte commerciali delle navi provenienti dalla Grecia e dirette ai porti di Aquileia e di Adria, dotati di magazzini e “fondachi” gestiti dalle multinazionali dell’epoca. Di qui le merci partivano in tutte le direzioni dell’Europa.
Il Museo archeologico nazionale di Adria conserva oltre a preziosi reperti paleoveneti ed etruschi, una straordinaria collezione di vetri romani. Di particolare raffinatezza sono le coppe a nastri policromi e a mosaico, l’elegante corno potorio a testa di lumaca, il prezioso balsamario a forma di colombina. A testimonianza di un’arte che si era sviluppata anche in loco.
“Le coppe di Ennione sono state realizzate nella tecnica della soffiatura a stampo” spiega Maria Cristina Vallicelli, direttrice del Museo di Adria. Essa consentiva di ottenere superfici decorate a rilievo e forme dai profili sagomati, che imitavano quelle del vasellame in metallo. Le pareti dal profilo carenato risultano decorate nella parte superiore da motivi vegetali, tra i quali si inseriscono due tabelle ansate con iscrizioni in greco: la firma del maestro vetraio “Ennione fece” e il messaggio augurante “che il compratore lo ricordi”.
“Il maestro vetraio realizzò per lo più coppe, brocche, pissidi in vetro monocromo trasparente, ornate da baccellature e motivi fitomorfi stilizzati a rilievo” prosegue la Direttrice del Museo. “Le sue produzioni sono state rinvenute in Grecia, in Israele e prevalentemente in Occidente, in particolare nell’Italia settentrionale, segno dei vivaci scambi commerciali diffusi tra Mediterraneo orientale e Adriatico nonché della circolazione di artigiani e conoscenze tecniche. Per questo motivo è ipotesi diffusa, sebbene non suffragata da prove inconfutabili, che lo stesso Ennione possa aver trasferito la sua bottega dalle coste dell’Asia Minore a quelle Alto Adriatiche, forse Aquileia”.
“Ad oggi” conclude la dottoressa Vallicelli, “in tutto il mondo risultano sopravvissuti circa cinquanta vasi attribuibili ad Ennione, molti dei quali frammentari, conservati in musei e collezioni private di Europa, Stati Uniti e Israele”.
Dal I al III secolo d.C. produttori di vetro come Ennione e Aristeas lasciano una traccia significativa nella provincia romana della Dalmazia, sia che le loro merci vengano importate sia prodotte localmente. Poi, le invasioni barbariche destabilizzano gli equilibri socio-politici del Nord Italia. Nel 452 Attila distrugge Aquileia e cosparge di sale le rovine della città costringendo gli abitanti delle località costiere a rifugiarsi nelle isole della laguna. Nasce Venezia. Ed è qui che, probabilmente, si trasferiscono anche le competenze artigiane della popolazione. Per tre secoli scompare ogni traccia del vetro soffiato; ma recenti indizi, rilevati nell’isola di Torcello, lasciano supporre che i veneziani non abbiano mai spesso di produrre i loro trasparenti, fragili e incantevoli capolavori.
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