…alla ricerca del colpevole Una nuova avventura del Comandante Colleoni nell’ultimo romanzo di Franco Faggiani.
Splendidi paesaggi, una variegata umanità e indizi evanescenti come “bolle di sapone” di Anna M. Conserva
Arriva un momento nella vita di un uomo in cui è necessario fermarsi. E Bartolomeo Colleoni, dopo aver girovagato per il mondo tra affascinanti avventure, lo fa, si ferma, “tuffandosi”, nel vero senso della parola come si vede dalla sua prima apparizione ne Le tracce sotto la neve, in un territorio di montagna, con un vestito di ottimo taglio, scarpe inglesi di buona fattura e un fascino immutato, per recuperare il sano piacere della solitudine, ammirare la bellezza di luoghi incontaminati e gustare la semplicità di un buon bicchiere di vino e di un libro.
La scelta di un posto tranquillo dove vivere e di un lavoro meno vivace di quello di Comandante del Corpo Forestale di Trento, si rivelerà però lontana dall’idea di routine della vita di provincia.
Dopo le vicende che lo hanno coinvolto e turbato nel primo romanzo di Franco Faggiani, in attesa del completamento dei lavori della sua baita e approfittando di un momento di calma, il Comandante Colleoni ne Le bolle di sapone (Piazzola sul Brenta, Idea Montagna - Editoria e Alpinismo, 2014, 238 pp., euro 16,50) si sposta da Trento in Val d’Aosta per un controllo su esemplari di stambecchi o forse “per dare nuova aria alla sua testa? La lontananza annulla certe piccole memorie o, al contrario, le nutre?”
In questo secondo romanzo ritornano alcuni personaggi del primo. La squadra di stimati collaboratori, un tassista che guida qualunque veicolo purché contraffatto e, marginalmente, l’imprevedibile e solare figlia Caterina, l’affascinante ex moglie norvegese Johanna e la misteriosa Matilde, vedova del suo predecessore, Vanoi, che collega la fine del primo all’inizio del secondo romanzo.
Il racconto regala quindi nuovi e interessanti personaggi; innanzitutto una nuova figura femminile; una guida, dal nome ambiguo, dalle morbide forme e dalla folta chioma. E ancora i Gerard, padre e figlio, un burbero viticoltore, una coppia di strampalati anziani cartolai, polverosi e commoventi, un monaco buddista, un furfante alcolizzato e violento, una vecchia guida resa muta da un dolore incancellabile.
Come nel primo, anche nel secondo romanzo, gli indizi sono evanescenti e quasi impercettibili, come bolle di sapone, ma sufficienti al Comandante e al suo giovane collaboratore Minetti per risolvere indagini che li vedono alle prese con trasporto illegale di merci e persone e letali e sconosciute sostanze. Con scaltra bravura, buoni contatti, sfacciata fortuna e metodi disinvolti, a tratti discutibili.
Da valle a monte, su per rifugi e anfratti il lettore segue il Comandante. Con lui risolve l’intrigo del presente nella valle e con lui si arrampica sulle montagne dove dalla neve e dal passato emergono figure e storie tristissime, dolore e pace, in un crescendo di umanità che rafforza il personaggio. “Tutto nel tempo, viene trascinato in basso, magari modificato, stravolto, sconquassato. Ma ogni cosa che non gli appartiene, il ghiacciaio lo butta fuori, prima o poi”.
La scrittura è scorrevole, il racconto ricco di colpi di scena; tra sorrisi e malinconie, il lettore non ha quasi il tempo di riprendere fiato, coinvolto in nuove avventure.
La tensione è costante ma piacevole, resa morbida dalla descrizione dei paesaggi, dalla selezione di cibi e vini strutturati e deliziosi gustati tra colte citazioni, che ti ricordano che sei comunque al sicuro, tra vecchi amici.
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