Con penna convinta e rapida l’imprenditore-scrittore Matteo Bonadies regala ai suoi lettori un’altra puntata della sua abbondante produzione narrativa. Nel libro congedato l’anno scorso, Pater Familias, aveva messo in campo una serrata riflessione sulle trasformazioni dei ruoli familiari e sugli squilibri che la modernità ha portato all’interno delle nuove generazioni nei rapporti con quelle più anziane. In Anche il sole tramonta (Ed. Barrafranca, Bonfirraro 2014, pp. 135, € 15,90) Bonadies scrive un suo icastico ritratto delle contraddizioni anche molto dolorose che colpiscono tanta happy people immersa nell’impegnativa gestione del potere. Chiaro, infatti, è il disegno di questo romanzo breve, incardinato sulla figura di un vincente, Luciano Manzi, conosciuto universalmente come Lucky (nomen omen che significa appunto “fortunato”). Di Lucky, Bonadies tratteggia le tappe biografiche decisive, cogliendolo molto giovane e già impegnato nei suoi corsi universitari e in feeling perfetto con l’amica del cuore Daniela. Lucky non si accontenta dei suoi successi milanesi, sente urgere dentro un’America che da aspirazione diventa ben presto realtà sotto le spoglie geografiche di Boston. Tanto Lucky è inquieto e ambizioso quanto il suo amico più vicino, Federico, è compassato e fedele alle sue radici. Si delineano così due destini che assumeranno il volto rispettivo del perdente (Federico, ucciso più tardi da una grave malattia) e del vincente (Lucky). Ma sarà vera gloria e, soprattutto, vera felicità?
Bonadies accompagna il vincente Lucky nella sua mirabolante carriera di businessman. L’amore per l’australiana Jennifer sarà il trampolino per saltare un altro oceano e approdare a Sydney, dove diventa amministratore delegato di un’importante azienda elettronica. La vita di Lucky è assediata dal tempo (che è denaro) e dallo spazio (le distanze da coprire nella patria dei canguri). Il ménage con l’affascinante Jennifer, figlia anch’essa fortunata di un ministro australiano, diventa difficile, giacché in una vita al top occorrono altri batticuori e magari una stella dello spettacolo come Amy. La travolgente agenda di Lucky è punteggiata di appuntamenti clandestini, ma anche la moglie Jennifer, trascurata, finisce tra le braccia di Cooper, il biografo che sta ricostruendo con periodiche interviste il percorso del tycoon Lucky Manzi.
Pian piano si scivola nella terza e poi nella quarta età. Cosa rimane del nostro eroe? La cavalcata narrativa di Bonadies fissa gli insulti crudeli del calendario, le svolte inequivocabili dell’uscita di scena, gli inevitabili bilanci da stendere prima del grande viaggio. Il denaro, il successo, l’ambizione non vanno d’accordo con l’amore, con l’autenticità esistenziale, col ritmo di un sano equilibrio interiore. A Lucky l’ha ricordato anche il figlio Frederik, anch’egli vincente, ma solo perché ha realizzato la sua vocazione umanistica all’università di Boston.
L’unico finale riscatto, prima che l’Alzheimer devasti la mente del protagonista, scaturisce dalla decisione di istituire una fondazione intestata al suo nome per costruire un grande ospedale e un centro di ricerca. È così che si può siglare degnamente una vita al galoppo e si può dare uno sguardo fuori dall’oblò per ricredersi sul valore dei sentimenti e su un cielo che è molto più grande delle nostre glorie terrene.
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