Tutto il fascino della bassa stagione Presa d’assalto dal turismo d’alto bordo per quattro mesi all’anno, la magnifica cittadina della Valle d’Aosta torna ad essere, negli altri periodi, un tranquillo villaggio alpino.
Ed è qui, tra barretti e chiacchierate in dialetto locale, che l’autore – il giornalista e scrittore Franco Faggiani – sta ambientando il suo nuovo romanzo dedicato al “Comandante Colleoni”, guardia forestale coinvolta in mille avventure di Franco Faggiani
Courmayeur. Caffè della Posta. Foto gentilmente concessa da Omnia Relations
“Con tutte le borgate antiche, i paesi da favola e i luoghi davvero deliziosi che ci sono sulle Alpi proprio di Courmayeur dovevi parlare?”. I miei amici ai quali avevo confidato di questo articolo su Bridge Puglia-Usa, mi avevano guardato storto. Prima perché la cittadina valdostana dell’Alta Valdigne è tra le più ‘turistiche’ dell’arco alpino. Poi perché per circa quattro mesi l’anno – uno d’estate e tre in inverno – ‘Courma’, per dirla come i vecchi commendatori lombardi, corrisponde praticamente a un pezzo di Milano traslocato ai piedi del Monte Bianco. Anche perché basta imboccare l’autostrada appena fuori dal centro direzionale meneghino e uscire dall’autostrada proprio davanti alla palazzina condominiale o alla villetta – dipende da come ci si sistema nella confusa geografia architettonica di Courmayeur – dove scaricare i bagagli. In poco più di due ore d’auto, insomma, si va dall’ombra del grattacielo più alto d’Italia a quella della montagna più alta d’Europa.
In fondo, i miei amici avevano ragione. Un po’. Avevo a lungo frequentato Courmayeur per ragioni, diciamo così, ludiche, andavo lì ad allenarmi quando avevo velleità sportive, alpinistiche. In effetti il rischio di incontrare il vicino di casa era piuttosto elevato, come quello di non poter sfuggire a certi riti tipici cittadini, come lo shopping d’autore o il ritrovarsi per l’happy hour. Ma quattro mesi sono un terzo di un intero anno. Voglio dire, restano ancora otto mesi. In cui la cittadina si trasforma, si racchiude, si protegge. Torna ad essere un vecchio villaggio alpino. Le guide d’alta montagna e i maestri di sci tornano a fare gli artigiani, i commercianti, i montagnard, ad allevare bestiame, a fare formaggi, a lavorare il legno.
I courmayeurins, così si chiamano gli abitanti della cittadina, meno di tremila, si riappropriano dei loro territori, tornano a parlare il loro dialetto, il patois, o patoué, l’antica lingua francoprovenzale che in questa minuscola regione ha pure inflessioni diverse da valle a valle. I piccoli bar tornano a riempirsi di chiacchiere e vini locali come il Blanc de Morgex o il rosso Fumin; Ciro, l’affabile patron del ristorante La Terrazza è più disponibile a sedersi al tavolo con noi; Ivan, del Savoye Sport, è pronto a tirar fuori i vecchi strumenti e attrezzi e a raccontarci storie di musica e di montagna. Le frazioni intorno tornano nel loro isolamento, e si va a piedi al Santuario di Notre Dame de la Guerison, poco sotto il ghiacciaio della Brenva, senza il rischio di essere travolti dal Suv d’ordinanza. E via Roma, la stretta strada dello struscio e dei negozi griffati, dove ci si va più per farsi vedere che per vedere, torna ad essere una quieta via di piccole insegne di negozi alimentari e sportivi e di bar, con l’antiquario e la libreria.
La cosa curiosa è che tutto questo, dopo molti anni di frequentazione, l’ho rivalutato dopo alcuni fugaci sopralluoghi, recenti e fuori stagione, a Courmayeur. È necessaria una piccola premessa. A dicembre dello scorso anno avevo pubblicato un romanzo, Il Comandante Colleoni, ambientato a Trento e nelle vallate intorno. L’editore mi chiese subito di mettermi a scrivere il secondo romanzo con lo stesso protagonista – l’ho appena consegnato, uscirà a dicembre 2014 – e decisi di ambientarlo qui, sul fondo della Valle d’Aosta. Perciò, prima di mettermi a scrivere davvero, dovevo trovargli una casa, nuovi amici e anche nemici, posti dove andare a mangiare e a bersi un caffè – Colleoni è un single che non ci sa fare con la cucina – altri terreni d’azione e storie fuori dall’ordinario. Colleoni, che è un Comandante della Guardia Forestale, si trova, suo malgrado, coinvolto in mille avventure. E molte di queste avventure, spesso strampalate, curiose però sempre intense, nascono da storie vere, accadute in tempi recenti e passati. Storie che, nel caso del libro in cantiere, sono saltate fuori in un ovattato fine settimana di dicembre da dietro una birretta al Bar delle Guide, o salendo lentamente lungo il ghiacciaio con un amico locale fino al moderno Bivacco Gervasutti, sotto le spettacolari pareti delle Grandes Jorasses, in un gelido e scintillante giorno di gennaio. Oppure, semplicemente, fermandomi a scambiar due parole con le donnine vestite di scuro dopo che la prima frettolosa messa del mattino, nella chiesa di San Pantaleone, patrono della città, è finita. Le storie più belle sono così, nascono dalle chiacchiere con la gente dei paesi, quando non c’è fretta.
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