Il tesoro ritrovato Dopo quasi quattrocento anni dalla sua costruzione è tornato al suo antico splendore il magnifico complesso della Reggia di Venaria Reale.
Edifici sontuosi, preziose opere d’arte, marmi, stucchi e gli incantevoli giardini fanno di questa Reggia Sabauda una delle maggiori attrazioni d’Italia di Mario T. Barbero
Torino. Reggia di Venaria. La Reggia e la Peschiera del Parco Basso. Foto gentilmente concessa dall'Ufficio Stampa de “La Venaria Reale”
Forse non sono proprio quattro secoli ma sta di fatto che l’imponente complesso della Reggia di Venaria Reale, alle porte di Torino, è stato riportato al suo antico splendore solamente agli inizi del terzo millennio. Oggi la Reggia è il secondo sito visitato in Italia, dopo i Musei Vaticani e prima di altri importanti siti italiani conosciuti in tutto il mondo. In motivo di questo successo è nell’unicum di un complesso architettonico che non ha eguali, anche per la sua storia e le infinite bellezze che racchiude al suo interno.
La storia della Reggia comincia dal lontano 1661, quando Amedeo di Castellamonte, su incarico del duca Carlo Emanuele II, ideò uno dei più bei complessi architettonici del tempo, ideale per l’esercizio della caccia, tanto da divenire modello per le più antiche residenze delle corti europee. Il complesso era costituito da un grande apparato scenografico, ricco di fontane, giardini e aiuole su duplice livello, cui si accedeva dall’asse rettilineo dell’antico borgo di Altessano e il cui nucleo centrale era costituito dalla Reggia di Diana, mentre nel giardino inferiore vi era una grande Peschiera. A seguito della distruzione di alcuni edifici, avvenuta nel 1693 ad opera delle truppe francesi, l’architetto Michelangelo Garove, su incarico di Vittorio Amedeo II, progettò una ricostruzione più ampia dell’intero complesso che fu realizzata in epoche diverse: dal 1699 al 1713 furono edificati il Padiglione a Mezzogiorno e la Galleria nonché il rustico del Padiglione verso il borgo; nel 1716 il cantiere riprese sotto la direzione di Filippo Juvarra che rimodellò l’impianto castellamontiano, realizzando anche la sopraelevazione della Galleria ed edificando la Cappella di S. Uberto. In seguito, furono poi realizzate la Citroniera e la Scuderia Grande nella zona sud-orientale. L’allestimento dei giardini fu curato da Henry Duparc secondo modelli francesi. Altri lavori, svolti dal 1739 al 1767, interessarono le scuderie e il maneggio e furono affidati a Benedetto Alfieri e commissionati da re Carlo Emanuele III. In seguito, tra il Settecento e l’Ottocento, gli architetti Piacenza e Randoni curarono il riarredo interno degli appartamenti. Tuttavia, successivamente, l’abbandono della Reggia a favore della Palazzina di Stupinigi diede il via ad una triste fase di decadenza; con la Restaurazione, la Reggia fu adibita a caserma e in seguito il degrado venne completato dall’intervento delle truppe tedesche durante il secondo conflitto mondiale e dagli atti di vandalismo degli stessi abitanti del Borgo.
Un altro dei gioielli che compongono questa inimitabile struttura sono i giardini, che si presentano come uno stretto connubio tra antico e moderno, tra insediamenti archeologici e opere contemporanee, il tutto incorniciato da una visione all’infinito che non trova riscontri in analoghi giardini storici in Italia. I Giardini della Venaria Reale sono il degno complemento di questo complesso imponente. Il progetto seicentesco aveva previsto la realizzazione di un “Giardino all’italiana” articolato su tre livelli, con una ricca presenza scultorea e decorativa rappresentata dalla Citroniera, dalla Loggia a Teatro, dalla Fontana dell’Ercole, dal Tempio di Diana e da circa quattrocento tra busti, bassorilievi, statue e telamoni. Agli inizi del Settecento l’apparato dei giardini venne riformulato secondo i canoni del “Giardino alla francese”, con la demolizione del registro precedente, per arrivare a una sua nuova definizione con un’estensione in lunghezza di circa un chilometro e mezzo, equiparabile a quella del Gran Canale di Versailles. Poi, con l’occupazione napoleonica del 1798, anche i giardini conobbero un lento declino fino a Novecento inoltrato, al punto che dei novanta ettari dell’area la gran parte era caduta in rovina, impedendo persino la possibilità di recepire la conformazione originale. Fin qui il passato.
Ora veniamo al presente. Dal 2000 questo luogo di Caccia Reale, che era stato definito Venatio Regia e quindi Venaria Reale, inizia ad essere restaurato. E si è arrivati alla vera e propria ricostruzione di “un paesaggio”. I tracciati delle Allee, i dislivelli, i terrapieni, i filari di alberate, le delimitazioni delle isole di verzura e dei boschetti sono stati ripristinati coerentemente con i segni rimasti visibili nel tempo. Così come sono stati portati alla luce e salvaguardati i manufatti e gli arredi marmorei. Contemporaneamente sono stati resi fruibili l’area della Grande Peschiera nel “Parco Basso”, con interventi di arte contemporanea del maestro Giuseppe Penone nel “Giardino delle Sculture Fluide”, gli insediamenti archeologici seicenteschi della Fontana dell’Ercole e del Tempio di Diana, gli spazi dei Giardini inglesi, dei Fiori e delle Rose, e l’area dei boschetti, oltre al ripristino del Gran Parterre a sud della Reggia.
I numeri di questo complesso sono comunque impressionanti: 80.000 metri quadrati di superficie del complesso della Reggia; 145.000 metri quadrati di stucchi e intonaci; 25.000 metri quadrati di pavimentazioni interne; 1.000 metri quadrati di affreschi; 11 chilometri di cornici decorative; 1 chilometro di balaustre. Il muro di cinta del Parco è di 35 chilometri e il percorso di visita misura ben un chilometro e mezzo. Inoltre, i circa 9.000 metri quadrati delle ex scuderie alfieriane della Reggia sono ora adibite al Centro per la Conservazione e il Restauro.
La Reggia è infine diventata anche un importante polo di attrazione culturale con spettacoli, concerti, mostre ed eventi a livello internazionale.
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