Nato a Barletta, è orgoglioso della sua formazione all’Università di Bari.
I pugliesi gli hanno dimostrato affetto in tutto il mondo. A New York è presidente onorario della United Pugliesi Federation di Flavia Pankiewicz
L'ambasciatore Antonio Bernardini
Tra le mille luci di New York è noto che le presenze dei pugliesi sono numerose e c’è un po’ di Puglia anche nel cuore di una delle istituzioni più importanti del mondo, le Nazioni Unite dove, come vice rappresentante permanente dell’Italia, c’è l’ambasciatore Antonio Bernardini, barlettano doc, fortemente legato alla Puglia, dove ritorna ogni anno.
La formazione che ha dato avvio alla sua eccellente carriera diplomatica è avvenuta all’Università di Bari, con una laurea in Scienze Politiche conseguita nel 1981. Un background di cui l’ambasciatore è molto fiero e che ha costituito la base di una lunga carriera che lo ha portato a New Delhi, Ginevra, Tokio e all’ONU di New York nel 2001, dal 2010 con titolo e rango di ambasciatore. Ha quindi trascorso molti anni a occuparsi di diplomazia multilaterale.
Lo incontriamo nella sede della Rappresentanza, al 49° piano di uno degli edifici satellite del Palazzo di Vetro, da cui si gode di una vista mozzafiato di Manhattan.
Ambasciatore, come è vista l’Italia dagli altri paesi del mondo? Ma soprattutto come la guardano quei paesi che ancora non hanno la democrazia e che vedono la nostra instabilità, spesso la nostra ingovernabilità?
L’Italia è un paese al quale tutto il mondo guarda sempre con grande attenzione. Sicuramente viene vista come un paese ancorato a dei valori, i valori della democrazia, della libertà, un paese che difende i diritti umani, che fa delle battaglie importanti a tutela delle donne e dei bambini e che per tutto questo si distingue all’interno delle Nazioni Unite. Le vicende politiche interne italiane sono lette in maniera diversa rispetto al dibattito interno italiano. Sono viste come vicende normali di un paese democratico in cui c’è una dialettica interna e quindi con un impatto relativo sull’immagine del paese. Certo ci sono momenti in cui alcuni episodi della vita politica interna italiana possono avere un giudizio positivo o negativo da parte dell’opinione pubblica internazionale però, nel complesso, il nostro paese viene stimato per quello che rappresenta, per i valori che difende, per la sua capacità imprenditoriale, per l’attività delle comunità all’estero.
Com’è il suo rapporto con la sua terra d’origine, la Puglia? Ci ritorna spesso? Che cosa rappresenta per lei la Puglia?
Alla Puglia sono ovviamente molto legato, perché non solo sono nato in Puglia, ma ho fatto i miei studi in Puglia. Mi sono laureato all’Università di Bari e lo dico con grande orgoglio perché ho potuto confrontare il livello di formazione che ho ricevuto presso l’Università di Bari con quello di amici, studenti, colleghi di altri paesi del mondo ricavandone la chiara impressione che si è trattato di una formazione assolutamente all’altezza della scena internazionale. Quindi con la Puglia mi sento debitore di gran parte delle cose che sono riuscito a fare: è stata una parte fondamentale del mio successo professionale. Continuo a mantenere legami con la Puglia, la mia famiglia vive a Barletta, quindi ritorno ogni anno, ho una casa, passo le vacanze in Puglia. E in questo periodo in particolare il fatto che la Puglia sia riconosciuta a livello internazionale come una delle principali mete turistiche italiane, la nuova Toscana o la Toscana del Sud, come viene spesso definita, mi porta con grande orgoglio a parlare della mia terra con tutti gli interlocutori che conosco e che incontro. C’è un grandissimo interesse per la Puglia e mi fa piacere rispondere alle tante domande e poter parlare di una terra del Sud Italia in termini completamente diversi da quelli a cui si è abituati quando si fa riferimento al Mezzogiorno d’Italia. La Puglia è un caso a parte, è un posto bello, operoso, produttivo.
Ha rapporti con la comunità dei pugliese d’America?
Certo. Sono il presidente onorario della United Pugliesi Federation. È un’offerta molto generosa che mi hanno fatto degli amici pugliesi di questa associazione, che mi hanno chiesto se ero disposto ad assumere questa carica onorifica. L’ho fatto molto volentieri. C’è, a New York soprattutto, una grande realtà di associazioni pugliesi però con delle caratteristiche molto particolari, perché le associazioni sono nate intorno alle comunità locali, quindi sono soprattutto associazioni di città, piccole città: quelli di Giovinazzo, quelli di Mola di Bari, che sono tanti, sono fortissimi! Questa federazione cerca di mettere insieme queste realtà associative lasciando a ognuna delle associazioni il proprio orgoglio e la propria identità ma cercando di combinare le forze. Si tratta di associazioni che hanno origini spesso molto antiche nel tempo, associazioni che sono nate con l’emigrazione del secolo scorso, quindi tantissimi anni fa. Sono anche, in alcuni casi, associazioni invecchiate nel tempo. Mettersi insieme e ritrovare la capacità di organizzare eventi insieme, di avere una certa visibilità credo che sia una buona idea.in piedi e ritornare ad essere quello che è: un grosso punto di riferimento, a livello mondiale, per la libertà, per la democrazia, per la circolazione delle idee.
C’è una cosa importante che lega la Puglia e le Nazioni Unite ed è la Base delle Nazioni Unite di Brindisi…
Certo. Ed è importante che i pugliesi la conoscano. Le Nazioni Unite hanno deciso di fare di Brindisi il centro logistico più importante per tutte le operazioni di pace nel mondo. Quindi, quella che era una volta solo una base logistica, una sorta di deposito, oggi è diventato un centro organizzativo che serve tutte le missioni di pace dell’ONU, il centro più importante. Per Brindisi è una grossa opportunità di crescita. C’è tutta un’attività economica, nella base di Brindisi, che è fortemente legata al territorio e non può portare che benefici. C’è, per esempio, una grossa richiesta di fare una scuola internazionale a Brindisi perché i funzionari delle Nazioni Unite che vi lavorano vorrebbero avere a disposizione una struttura che sia in grado di assicurare una formazione internazionale per i loro figli. Questa è un’esigenza della base delle Nazioni Unite ma è sicuramente un’opportunità di crescita per il territorio di Brindisi. Leggevo giorni fa su un giornale che a Nardò la Porsche ha difficoltà a reclutare del personale perché il personale locale non parla la lingua inglese. Se questo è vero, quanto più queste strutture in grado di dare una formazione internazionale metteranno radici in Puglia tanto più i pugliesi avranno opportunità di occupazione, di sbocchi, in Puglia e fuori dalla Puglia.
In tutta la sua carriera all’estero c’è un episodio particolare che le è rimasto impresso?
Il mio primo incarico all’estero è stato in India, a New Deli, Quando io e mia moglie siamo arrivati in India, siamo andati in questa casa dove abbiamo trascorso il nostro periodo. Eravamo appena entrati e improvvisamente abbiamo sentito un grande clamore, rumore, suoni, strumenti, non riuscivamo a capire cosa stava succedendo. Siamo scesi, usciti dalla nostra casa e abbiamo trovato una banda musicale che suonava musica tipica delle bande e davanti a questa banda c’era una signora di Barletta che aveva sposato un ufficiale dell’esercito indiano, durante la guerra, e poi i due sono andati a vivere in India. Avevano saputo del nostro arrivo ed erano venuti a darci il benvenuto e avevano uno striscione dove c’era scritto: “Ben arrivati Antonio e Ornella”. Episodi di questo genere hanno segnato il nostro peregrinare per il mondo: è incredibile come funzioni il tam tam dei pugliesi o dei barlettani anche in posti dove uno non si aspetta di trovare dei pugliesi.
E degli Stati Uniti, di New York, cosa l’ha colpita?
Ero a New York l’11 settembre del 2001, quando c’è stato l’attacco alle Torri Gemelle e quindi ho vissuto questo periodo buio, triste per New York. Ma allo stesso tempo ho visto come questa città, nell’arco di pochi anni, sia riuscita a ritrovare se stessa. È riuscita a ritrovare l’energia per andare avanti, per reagire contro questo attacco terroristico e quindi ritrovare la forza per rimettersi in piedi e ritornare ad essere quello che è: un grosso punto di riferimento, a livello mondiale, per la libertà, per la democrazia, per la circolazione delle idee.
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