A Rovigo 200 opere in mostra Oggetto dei dipinti sono la natura, l’uomo e il suo vivere, la realtà agricola e quella urbana, il progresso scientifico e la propria interiorità.
Le tele esprimono la mutata visione della realtà che si sviluppa tra la fine dell’800 e gli inizi del ’900, aprendo la strada al Futurismo di Daniela Bobisut Sigovini
Giacomo Balla. Ritratto all’aperto. 1902
Le sollecitazioni che la mostra “Il Divisionismo, la luce del moderno” (Rovigo, Palazzo Roverella, 25 febbraio-24 giugno 2012) fornisce al visitatore sono molteplici e partono dalla mutata visione della realtà, tra simbolismo e avanguardie, dalla sperimentazione, dall’uso della luce e perlopiù dalla tecnica a colori filamentosi.
Previati e Segantini alla Triennale milanese del 1891 avevano aperto un dibattito che diede il via in Italia, per quasi un trentennio, a un flusso di interpretazioni e invenzioni artistiche riguardo a temi di attualità quale il mutato rapporto tra realtà agricola e urbana, i prodromi di conflitti sociali, lo sviluppo del mondo moderno e del progresso scientifico e l’analisi della propria interiorità.
Tra la dichiarazione del 1896 di Pelizza sul Divisionismo come “mezzo tecnico” e di Boccioni, nel 1911, che lo vede come un “atteggiamento dello spirito, lo stile di un’epoca”, i curatori snodano una carrellata di circa 200 opere, divise in dieci sezioni, che esplorano i temi della natura, dell’uomo e del suo vivere.
La personalità poliedrica di De Grubecy de Dragon, grande scopritore di talenti e gallerista, viene indagata nella sua qualità di pittore paesistico, ondivago tra suggestioni musicali e scientificità. Le sfaccettature della visione della natura offrono uno straordinario Monte Cervino di Cesare Maggi, affiancato da una campagna, Dopo il temporale, di Carlo Prada, e s’indaga, con Nomellini, il microcosmo Nell’orto o l’immensità del Mare di Genova. Fiumi, coste, cascate, campi, tra Liguria e Toscana, Romagna e Veneto, vengono riletti in uno splendore cromatico e luminoso, mentre Previati e Pelizza privilegiano una via intimistica e antinaturalistica. Longoni con L’affamato, del 1894, tela sospesa tra veduta urbana e denuncia sociale, Morbelli col ciclo del Pio Albergo Trivulzio di Milano, Baradino ne L’annegato, del 1911, pongono l’accento sui temi sociali con originalità di impianto e di impatto visivo.
Gli esordi vibranti di luce di artisti poi avanguardisti vengono sottolineati da capolavori come L’uscita da teatro di Carrà, nei Lampi notturni sulla città addormentata di Russolo, interfacciandosi a una galleria di ritratti, dal mirabile Valerio Brocchi di Boccioni alla signora del Ritratto all’aperto di Balla, icona della mostra, che sviluppano nuove sperimentazioni psicologiche e tecniche. Pelizza nel trittico L’amore nella vita, Chini ne Il voto di coloro che non ebbero tomba, del 1920, Nomellini con Plenilunio e Corsari del mare, Benvenuti con La nascita di Venere, Cominetti con Lussuria affrontano i temi del mito, del visionario, dell’eroico come momenti sospesi o densi di irruenza, in cui il tempo e lo spazio si annullano in una visione interiorizzata dove il colore prende vita grazie alla luce e prelude al gusto della Secessione viennese, aprendosi alle poetiche letterarie europee, ben espresse nella Sala del sogno della Biennale veneziana del 1907 in una pluralità espressiva di linguaggi che apriranno la strada al moto di luce dei futuristi.
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