Venezia. Il fascino immortale della “Regina del mare”. Foto di Anita Sanseverino
Arrivano a frotte e si imbarcano sui vaporetti o attraversano il ponte di Calatrava, da un paio d’anni quarto manufatto sul Canalgrande, per immergersi nelle calli. È un formicaio multilingue quello che sosta a ogni passo per immortalare balconi, altane, canali, barche. Un esercito multicolore che si annulla nel vortice delle emozioni suscitate dalla magia di Venezia.
Quasi venti milioni l’anno di persone visitano la “Regina del mare”, cuore della “Serenissima Repubblica” che con la sua flotta ha dominato per mille anni il Mediterraneo e, grazie ai suoi mercanti, ha conquistato l’Oriente. Ed è proprio dalla Cina e dal Giappone, che, ora, giunge la gran parte di quei milioni di turisti che affollano calli e campielli o si spingono sulle isole della laguna per vedere le vetrerie di Murano, ammirare i merletti di Burano o fare una sosta a Torcello, dove si trovano il presunto trono di Attila che nell’alto Medioevo costrinse gli abitanti di Altino, Aquileia, Padova, Adria a rifugiarsi nelle sue isole e la cattedrale bizantina di Santa Maria Assunta. Forse non fu il “Flagello di Dio” a dare vita a questa straordinaria città, che il Cieco Groto, tecnico e poeta vissuto a cavallo fra il Cinquecento e il Seicento, definiva “ ...nuova Venere nata ignuda nel mezzo del mare...” e forse non regge alla prova delle fonti storiche neppure la sua fondazione che si fa risalire al 25 marzo del 421 dopo Cristo in seguito alla calata in Italia dei Goti di Alarico. Ma ai turisti di oggi non importa granché. Per loro e i loro flash la leggenda vale più della storia. Sui vaporetti provano il piacere primordiale di viaggiare sull’acqua, la gondola è un richiamo irresistibile. Affittarla costa, ma il piacere di scivolare sulle onde a bordo questa imbarcazione sbilenca spinta da un solo remo è davvero impagabile, anche se il vogatore, nel tentativo di allietare i suoi clienti, spesso azzarda le note di ’O sole mio anziché limitarsi a cantare Marietta. Storture del mercato globale.
Ponte di Rialto, la chiesa di San Marco, Palazzo Ducale. Ovunque affollamenti, ovunque file di gente in attesa. Dal 2009, il Comune distribuisce pacchetti promozionali a chi si prenota per un giro turistico completo in modo da orientare il flusso dei visitatori e offre una “carta” speciale per l’utilizzo dei mezzi pubblici ai residenti perché non abbandonino a se stessa la città che oggi è una Disneyland e domani potrebbe diventare soltanto un sito archeologico. Per evitare che questo accada occorre valorizzare la sua offerta di bellezze e di storia attraverso l’organizzazione di manifestazioni culturali di primo piano come la Biennale d’Arte che si ripropone dal 1895 e l’annuale Mostra Internazionale cinematografica che dal 1932 porta nella città lagunare le star più famose. Palazzo Grassi offre annualmente mostre di interesse planetario, mentre la Fondazione “Giorgio Cini” che ha sede nell’isola di San Giorgio si qualifica come centro culturale per antonomasia. Ma non basta. Occorre anche incentivare il commercio e l’artigianato, riattivando le “scuole” delle arti e dei mestieri, perché senza la presenza di queste antiche organizzazioni Venezia sarebbe destinata a morire. Qualche bottega d’arte, oggi, infatti, sta rifiorendo e lo si capisce quando ci si inoltra lungo le calli e i campielli che popolano le 18 isole veneziane unite fra loro da 350 ponti. Lasciato il circuito dei negozi che offrono vetri soffiati a buon mercato, ventagli di merletto, maschere simbolo di un Carnevale antico, ma riscoperto non più di quindici anni fa, si possono, infatti, trovare gli “squeri” nei quali si riparano le barche, atelier che propongono tessuti damascati e i prestigiosi cotoni stampati di Mariano Fortuny. Ecco. La Venezia da scoprire e da godere è proprio questa. La Venezia che ricorda gli antichi mercanti che partivano per i lunghi viaggi in oriente, affidando le loro donne ai “cicisbei” perché non si sentissero sole. La Venezia dei “Generali da Mar”, che si caricavano di gloria e di oro nelle, quasi sempre, vittoriose battaglie contro gli “infedeli”. La Venezia dei marinai che tornati da una missione in Terrasanta ornavano lo stipite delle loro abitazioni con ceramiche votive come era nell’usanza orientale, la Venezia delle pitture bizantine e delle architetture moresche. La Venezia signora della guerra e della pace (la leggenda vuole che il leone alato che rappresenta San Marco sia raffigurato con la coda felina alzata e la spada sguainata in tempo di guerra e con la coda bassa e la zampa sul Vangelo in tempo di pace), la Venezia dello splendore e della decadenza. La Venezia d’acqua e quella che, tagliata fuori dai commerci dopo la scoperta dell’America, si è trasformata, con abile mossa strategica, in un impero di terraferma.
I palazzi che si affacciano sul Canalgrande raccontano fortune e sfortune di questa poliedrica città. Palazzo Sagredo, costruito alla fine del XIV secolo, Ca’ Foscari del Quattrocento (ora sede universitaria), con i coevi Ca’ d’Oro, Palazzo Contarini-Fasan, Nani-Mocenigo, Pisani-Gritti, il cinquecentesco Vendramin Calergi ora sede del Casinò Municipale nel quale morì Richard Wagner; Ca’ Corner, sede della Prefettura e Palazzo Manin ora Banca d’Italia del Sansovino; i barocchi Ca’ Pesaro e Palazzo Rezzonico del Longhena.
Innumerevoli le chiese: da San Marco, simbolo monumentale della città ricca di preziosi mosaici alla settecentesca Santa Maria della Visitazione o della Pietà, nella quale Antonio Vivaldi istruiva le sue “putte” all’arte della musica. Un monumento in bronzo, opera dell’artista Gianni Aricò, dedicato al grande violinista veneziano, accoglie le grandi navi da crociera all’ingresso della stazione marittima.
Gli ultimi immancabili flash del turista sono per la Torre dell’orologio in Piazza San Marco sulla quale due mori scandiscono le ore a colpi di martello dal lontano 1497 e per il Palazzo Ducale, tradizionale sede del Governo veneziano fin dagli inizi del IX secolo, quando Agnello Partecipazio fu eletto primo Doge alla caduta della Repubblica nelle mani di Napoleone il 17 maggio del 1797. Il grande salone nel quale si decidevano le sorti della città in pace e in guerra e le “segrete” di questo Palazzo nelle quali fu imprigionato per spionaggio il libertino per eccellenza Giacomo Casanova meriterebbero un capitolo a parte nella visita turistica di Venezia che andrebbe inframmezzata da qualche sosta in uno dei tanti “bàcari” cittadini: quei piccoli bar un po’ demodé nei quali, al posto della solita pizzetta si possono assaggiare “spunciòni” di pesce fritto, sardine in “saòr” e soprattutto bere un’“ombretta” di vino.
Storia e storie. Venezia non finisce proprio mai di stupire e affascinare chi le si avvicina. Perché, come scriveva Girolamo Brusoni, poeta barocco, è “Augustissima reggia del mare nella quale si veggono epilogate tutte le meraviglie dell’universo”.
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