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Cultura
Quando ad indagare sul “tempo” è la poesia Nella raccolta di poesie del pugliese Enrico Fraccacreta il confronto tra il Tempo con la maiuscola e quello della sua esperienza personale. Sulla scia di T. S. Eliot di Sergio D’Amaro
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Questo nuovo libro, Tempo ordinario (postfazione di D. Rondoni, Passigli, pp. 84, euro 12,50), di Enrico Fraccacreta, poeta italiano di San Severo, nell’alta Puglia, è quello più suo e più ambizioso. Diviso in tre parti – Tempo ordinario, Tempo memorabile e Tempo matematico – ognuna di esse è introdotta da epigrafi in versi sibillini di Thomas S. Eliot riferiti al tempo. Perché è quello più suo e ambizioso, questo libro? Semplicemente perché Fraccacreta mette in tensione il tempo con la maiuscola con il tempo della sua esperienza, cercando di sciogliere gli arcani di questa sfida quasi disumana, misurata com’è tra l’eterno e il precario, tra il mistero universale e l’umile mistero di cui è impastato l’uomo.

Un momento ‘nel tempo’, non ‘del tempo’, chiosando con Eliot. Ma Fraccacreta sa che in questa puntualità, in questa così densa, proteiforme esplosione di vita, si raccolgono le imprescindibili, laceranti domande del viandante novecentesco, proteso sugli abissi della coscienza e della memoria. Alle spalle dell’autore c’è tutt’altro che una waste land. C’è, invece, un giardino rigoglioso di alberi, di piante, di distese campestri, di uccelli molteplici, di corsi d’acqua irrequieti: è il mondo che ha accompagnato la sua crescita, la natura pulsante del Tavoliere e del Gargano che nei loro paesaggi, nelle loro geometrie, nelle loro prospettive hanno racchiuso il significato più intimo ed essenziale del destino personale del poeta. Il quale, qui come non mai nei suoi precedenti libri – Tempo medio del 1996, Camera di guardia del 2006 e Mademoiselle del 2012 – è disposto ad uno sguardo senza più indugio filosofico, esigente. Ed è tanta questa pressione psicologica e investigativa che Fraccacreta cede la parola direttamente alle creature evocate, alle querce come ai falchetti, al cielo come alle nuvole, perché continuino idealmente il colloquio con gli anni, col passato, con le persone incontrate e lasciate indietro in un mondo scomparso (particolarmente importanti sono il padre e il famoso disegnatore Andrea Pazienza). È come se il Nostro avesse convocato in questo libro tutto quello che è dicibile nella sua lingua poetica, di per sé dinamicamente disposta agli scatti metaforici come ai sismi sensoriali, e quindi mossa e prensile, alla maniera di chi (come sottolinea anche Davide Rondoni in postfazione) è abituato a viaggiare guardando il paesaggio muoversi col tempo e muovere la coscienza. Non si può sottacere, d’altronde, che tanta attenzione alla terra, alla sua terra, Fraccacreta la deve al suo mestiere di agronomo, dunque addestrato alla mutazione e alla rigenerazione della natura. Oltre che pietas, qui c’è insieme drammatica consapevolezza eraclitea e ricca dolcezza proustiana: quell’andare indietro con lampi memoriali e la spinta a guardare avanti, ad indovinare un passaggio oltre tutte le stazioni.  

 

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