Carmen De Stasio, autrice di questo inconsueto volume (Estetica Generativa. I luoghi di Ignazio Apolloni, Palermo, Arianna, 2014), riconduce la struttura di due case-museo, approntate da Ignazio Apolloni tra Palermo e Isnello, alle regole della lunga ricerca d’artista dell’intellettuale siciliano. Apolloni, insieme a sua moglie Vira Fabra, ha allestito una vera e propria costruzione retorica dotata di una sua configurazione formale. La dimora diventa metafora architettonica della relazione tra coscienza e inconscio e, allo stesso tempo, si sovrappone al concetto di libro (abitare il libro o leggere la casa? sembra chiedersi Apolloni). Si tratta di uno spazio multidimensionale governato da alcuni principi che sono dettati dalla disposizione dei due artisti all’enciclopedia e che consentono di osservare come la loro realtà psichica si proietti su quella esterna. Essi hanno riempito con l’essere la loro casa, ma non perché questa si faccia monumento e offra protezione a quello; al contrario, l’abitazione-oggetto fa in modo che ciò che solitamente è tenuto fuori dalla coscienza sia individuabile, in quanto dotato di una struttura visibile, riconoscibile e, quindi, aperta.
La principale tra le norme che regolano il funzionamento semiotico della casa è la simmetria: al pari del principio (di simmetria, appunto) cui si attiene l’inconscio, essa tratta la relazione inversa di qualsiasi relazione come se fosse identica alla relazione: l’inevaso, il centrifugo, il cogente danno vita a uno spazio (o a un tempo) la cui ordinata disarmonia induce al movimento dell’immaginazione, a una sua nuova sistemazione. La materia della simmetria (o, per dirla con le parole della De Stasio, della disordinazione) coabita, all’interno della Domus, con contenuti asimmetrici, quelli, cioè, legati alle vicende biografiche e artistiche di Apolloni e della Fabra.
Le tante immagini che accompagnano il lavoro della De Stasio (che del suo oggetto di studio diventa quasi una protesi) forniscono un’idea concreta del modo in cui la realtà sia uno spazio devoluto interamente alla sperimentazione e alla capacità di verificarne ricchezza e pluridimensionalità, estendendo in questo modo i confini stessi dell’arte; è un luogo in cui ci si compiace nel segnalare il deterioramento delle intelaiature consolidate e, al contempo, si fornisce una parvenza di quanto i confini tra le varie regioni della mente non siano intransitabili. Il quadro d’insieme che anche chi non ha mai visitato la Domus riuscirà a ricavare da questo utilissimo libro mostra una materialità fatta di sovrapposizioni tra la sfera visiva e quella discorsiva, di pensieri e di contaminazioni tra reale e irreale; inoltre, si coglie una connessione più che evidente tra le fotografie e il ricordo o, meglio, tra esse e un costante (e ipnotico, precisa la De Stasio) ritorno di ciò che si è vissuto-scritto-detto-fatto-dimenticato.
È per questo che la Domus palermitana, l’altra casa di Isnello (che dalla prima dipende), i libri-oggetto (che, a loro volta, non sono altro che appendici delle dimore) costituiscono, insieme, uno spazio di trasformazione in grado di dissolvere ogni prospettiva monocorde: ne deriva, nota la De Stasio, una visione stereometrica, una sorta di costruzione in movimento che scompiglia la piattezza visuale propria di un rapporto definitorio e ordinario con il quotidiano, mirando alla sua ricombinazione.
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