Scambi culturali tra l’Università di Bari e gli USA Studiosi del Dipartimento di Scienze dell’antichità hanno partecipato alla convention della “Society of biblical literature” e tenuto conferenze e incontri.
Lo scrittore Raffaele Nigro racconta la missione negli USA e annota le sue impressioni sul Nuovo Mondo.
“Qui si fugge verso l’alto, in gara per chi più cresce in cemento. La bellezza, infatti, oltre che nella multietnicità, sta nell’altitudine dei blocchi, nella geometria metafisica e ovviamente in una democrazia variegata, da Stato a Stato” di Raffaele Nigro
Chicago. “The bean”, la scultura di Anish Kapoor che riflette le immagini circostanti.
Foto gentilmente concessa da Alessandra Campione
Fa freddo a Chicago in questo novembre che mi è parso un’appendice di agosto. Approdiamo in un volo notturno da Monaco e siamo accolti negli appartamenti neo-liberty della Loyola University. Qui è proprio inverno! Eravamo diretti a Baltimora, alla convention annuale organizzata dalla “Society of biblical literature”. Ma Edmondo Lupieri, che insegna Teologia a Chicago ed è stato ospite la scorsa estate dell’Università di Bari, saputo del viaggio a Baltimora, ha voluto che il gruppo di docenti e ricercatori del Dipartimento di Scienze dell’antichità e del tardoantico dell’Università di Bari, al quale mi sono aggregato, facesse tappa alla Loyola e avesse con alcuni colleghi dell’Illinois un confronto sul tema degli ‘Spazi sacri’. Il Dipartimento barese è da sempre impegnato sull’argomento e in aggiunta, da due anni, grazie alla ricercatrice Laura Carnevale, vincitrice di un Firb (Fondi Italiani per la Ricerca di Base) assegnato dal Ministero dell’Università, ha aggregato le forze delle università di Bari, Padova ed Enna per studiare il santuario di San Matteo, presso San Marco in Lamis. Si tratta, spiega la Carnevale ai colleghi statunitensi, di un giacimento di libri, opere d’arte, ex-voto, documenti, cronache accumulatisi nei secoli, in quanto il sito era, un tempo, tappa importante per i pellegrini diretti al santuario di Monte Sant’Angelo. Perciò occorrerà condurre indagini capillari e in questo si avvarrà della collaborazione dei suoi colleghi baresi, di Daniela Patti, archeologa dell’Università di Enna, e di Chiara Cremonesi, antropologa e storica delle religioni all’Università di Padova. A proposito di spazi sacri non può mancare l’apertura, a Chicago, di una finestra sul santuario di Monte Sant’Angelo dedicato a San Michele e sui cinquant’anni compiuti dalla rivista Vetera Christianorum. Ne parla Ada Campione, associata del Dipartimento pugliese. È lei a raccontare le scoperte effettuate da Giorgio Otranto e Carlo Carletti sulle pareti del santuario garganico negli anni settanta, i misteriosi nomi incisi in caratteri runici da pellegrini germanici di età medievale. Lei a raccontare le peculiarità del culto e del sito michaelico: le apparizioni dell’arcangelo in grotte montane e la doppia festività di maggio e settembre.
La città universitaria è uno spettacolo di comodità e accuratezza. Poggia sul lago Michigan, che la Lonely Planet sostiene essere grande quanto il mare Adriatico, ha refettori e ristoranti, biblioteche affacciate sul lago, una imponente chiesa cattolica affrescata alla maniera ortodossa e persino una moschea, aule enormi ed enormi giardini oggi battuti dal vento gelido, negozi dove puoi acquistare di tutto, dai souvenir di ceramica alle tute di felpa che inneggiano alla squadra di rugby della Loyola. Iscriversi qui costa sui quarantamila dollari all’anno, una spesa media, ha spiegato Lupieri, considerando che in America le università sono tutte costose.
Un sole pallido, apparso all’improvviso nel pomeriggio, ci invita a scarpinare per la città, a costeggiare il lago e a infilarci, tra gli inquietanti canyon di cristallo dei grattacieli, in questo labirinto espressionistico di acciai e vetro, fino al più antico monumento della Michigan Ave, una torre di fine Ottocento in neogotico ostentata come una Notre Dame di Chicago, e poi alla Water Tower, dove un caldissimo e ricco mall, uno dei molti ipermercati custoditi dagli edifici di anticorodal e cemento, ci offre da acquistare vestiari e souvenir e mangiare cibi di ogni fattura.
Qui i ristoranti italiani sono accorsati e costosi, ma lo sono anche gli asiatici. Si sprecano dappertutto peperoncino, paprika, pepe, salse, spezie e burro che impediscono a qualunque carne, vegetale o legume di restare innocentemente tale nel sapore. Bisogna far presto anche a cercarsi da cenare, perché dopo le sette scatta il coprifuoco.
Nessuno in questa città vuole sentire nominare Al Capone, ma la città quale mi è stata venduta da Hollywood non riesce a liberare la mia immaginazione dalla memoria del gangster, della depressione del ’29, del proibizionismo, anche se oggi le griffe italiane e francesi brillano nei neon delle grandi avenue commerciali. Ecco the bean, il fagiolo di acciaio lucente firmato da Anish Kapoor, nel grande parco del Millennium, dove tutti scattano foto e si specchiano. Un affondo tra viali intasati di traffico, sotto i ponteggi di una ferrovia che taglia la città. Poi la meraviglia di essere sul sommo della Willis Tower, uno degli osservatori più alti del mondo, vanto di Chicago, e di vedere il Michigan perdersi oltre l’orizzonte. Non avendo profondità da scavare se non per il petrolio, qui si fugge verso l’alto, in gara per chi più cresce in cemento. La bellezza, infatti, oltre che nella multietnicità, sta nell’altitudine dei blocchi, nella geometria metafisica e ovviamente in una democrazia variegata, da Stato a Stato.
Poi le luci negli alveari del centro si accendono, come un cielo stellato e a portata di mano, e al n. 500 di Michigan Ave, l’Istituto Italiano di Cultura scodella orecchiette e rape con secondi di polpette e braciole. Sono venuti gli americani ad ascoltare Alessandra Campione, che illustra il panorama dei pittori pugliesi di oggi: Adolfo Grassi, Michele Damiani, Manlio Chieppa, Matteo Masiello, Carlo Fusca. Ada, sua sorella, stupisce gli ascoltatori, insieme ad Angela Laghezza e Laura Carnevale, illustrando i siti Unesco della Puglia: Alberobello, Castel del Monte e Monte Sant’Angelo. Qualche ospite conosce Roma e Firenze per esserci venuto in vacanza, altri non sanno neppure che esistano Puglia, Calabria, Lucania. È venuto a trovarmi, con mia sorpresa, Angelo Sibilano, un amico originario di Ceglie del Campo. È qui da quarant’anni, gestisce un’accorsata rivendita di lampadari e in Italia torna almeno due volte all’anno.
Si fa presto a raggiungere Baltimora, due ore di aereo o poco più. Il Palazzo dei Congressi è una città di cemento, un resort di scale mobili e di sconfinati prefabbricati. Tutto il mondo di biblisti, di religiosi e di teologi si raccoglie in questi spazi. Saranno diecimila? Mormoni, buddisti, induisti, islamici, ebrei, scientisti leggono la Bibbia e l’antichissima cristianità dal loro angolo visuale. Santi e santoni, credenti e atei, s’inviteranno a vicenda ad ascoltare e a dialogare. Da Bologna è venuto Mauro Pesce, Lupieri ci ha seguito da Chicago, la Pontificia società Gregoriana è l’unica presenza editoriale italiana alla fiera del libro di argomento teologico e del gruppo barese sarà Angela Laghezza a parlare domani di Gregorio Magno e della malattia in età medievale. Confesso che suona veramente strano il nome di questo papa, un gigante nella costruzione della tradizione cristiana e benedettina, nel paese di John Wayne e dei Pilgrim Fathers.
Baltimora è una spianata infinita di case intorno a un golfo sull’Atlantico. Un enorme museo dell’olocausto racconta lo sfacelo e la potenza ebraica in queste latitudini, mentre il porto ha ricordi dell’Inghilterra, e attorno a un tre alberi che funge da museo della marina, si levano le prospettive di mattoni rossi del ristorante Phillips, famoso per le sue polpe di granchi, dell’Hard Rock Cafe, di un Bookshop pensato come un gigantesco transatlantico e delle case basse e in cotto di Little Italy, che si stringono attorno a un giardino infestato di bandiere tricolori. Non vi allontanate da questa strada, non vi infognate in una città pericolosa, ci ha ripetuto Loris, un italoamericano di Teramo qui da trent’anni e che abbiamo scoperto per caso tra il personale del Renaissance Hotel, dove ci aiuta a organizzare un Additional meeting, durante il quale parleremo di progetti di ricerca e di possibili ponti tra la scuola italiana e quella americana. A una sala del Renaissance inaspettatamente gremita, una folla di docenti di varia provenienza, afroasiatici, iraniani, egiziano-copti e statunitensi, Ada, Angela, Alessandra e Daniela raccontano cinquant’anni di Vetera Christianorum, la rivista scientifica ideata da Antonio Quacquarelli per ospitare studi sulla cultura cristiana delle origini, mentre Laura Carnevale torna a illustrare la sua avventura su San Marco in Lamis. Ci fanno corona le immagini della Puglia e dei suoi grandi riti processionali, gli scorci interpretati dai pittori del ’900 pugliese, le pubblicazioni di Mario Adda, della Gelsorosso, della Edipuglia, della Provincia di Bari. Non è stato facile mettere insieme tutto questo e farsene ambasciatori in una terra dove regna una velata autarchia.
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