Esperto indagatore di universi familiari, oggetto di numerose sue opere, l’autore analizza quel che resta dell’antico significato dell’espressione “Pater Familias” di Sergio D’Amaro
La copertina del libro
di Matteo Bonadies
All’inizio dell’800 Hegel metteva in luce la centralità della famiglia all’interno del moderno mondo borghese-capitalistico, facendone risaltare i complicati rapporti interni e le ricadute sul piano sociale.
Matteo Bonadies, figura singolare e complessa di imprenditore-scrittore nell’operosa Barletta, da esperto indagatore di universi familiari, oggetto di numerose opere, analizza nel suo Pater Familias (Milella ed., pp. 142, € 9) quel che resta dell’antico significato di un’espressione e specie di una funzione ormai rasa al suolo dalle trasformazioni dirompenti dell’ultimo mezzo secolo. Se volessimo esser crudeli, potremmo dire subito che nulla resta, nemmeno il superstite riconoscimento di un’attiva paternità. Per fortuna non è così, anche se i personaggi che si muovono nel racconto di Bonadies insistono costantemente nel mettere in risalto differenze diventate abissali tra il grafico tracciato dal buon filosofo tedesco e le odierne fibrillazioni di un individuo travolto da paradigmi adattati su velocità informatiche.
L’autore opta per la filiera generazionale, partendo dal capostipite Romoaldo de Camelis e accompagnandone figli, nipoti e pronipoti lungo il periglioso Novecento, alla ricerca di qualcosa che conservi l’identità di chi aveva in mano la barra del timone familiare e sondava il mare dei rischi e degli accidenti con invidiabile rigore. Il pater familias era il pivot indiscusso della situazione, il modello da imitare per i componenti maschi, l’uomo della casa (quasi uomo del destino) fatto legge per le componenti femmine. Sorvoliamo sulle amenità di certo autoritarismo, sulle vere e proprie angherie perpetrate all’interno del guscio protettivo delle quattro mura?
Bonadies non sembra certo ignorare tutto questo e forse ha in mente quanto saggisti e scrittori di vaglia (ad esempio Maurizio Quilici o Alice Ceresa) hanno saputo rivelare dell’attuale stato delle cose. A lui sembra premere qualcos’altro, al di là del confronto che saprebbe un po’ di patetico e di rétro, e cioè il disorientamento e anche una vera e propria interna lacerazione della figura paterna esposta all’epoca postmoderna. In fondo lo sforzo del libro è indirizzato a promuovere un qualche potenziamento di luce su fenomeni che sono venuti dopo tanti anni di conflitti e di trasformazioni e hanno definito un profilo paterno ormai marcatamente impegnato su competenze e responsabilità nuove. Bonadies rivela un problema, ne indaga le pieghe, denuncia la distanza tra ieri e oggi, propone l’arma dell’inquietudine. L’interrogativo finale potrebbe essere: che cosa sopravvive davvero dell’antico pater familias e com’è possibile accettare razionalmente, fiduciosamente (senza drammi post-hegeliani), la presenza di un padre diventato un po’ ‘mammo’?
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