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- FEBBRAIO 2018 -
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Indiani d’America
Arte dei nativi americani
I consigli per iniziare una collezione
A conclusione della serie dei suoi “Ritratti d’artista” il pianista ed esperto di cultura e d’arte degli indiani d’America, Emanuele Arciuli, individua i vari generi della loro produzione e fornisce suggerimenti per gli acquisti.
Nelle aste, con prezzi tra i 1.000 e i 5.000 euro, ci si può accaparrare qualche opera importante
di Emanuele Arciuli
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Un'opera di Kevin Red Star

Nel corso dell’anno che sta per concludersi ho avuto il piacere di rivolgermi ai lettori di Bridge Puglia Usa tratteggiando, ogni mese, il ritratto di un artista nativo americano.

Vorrei congedarmi con un piccolo vademecum per coloro che, interessati a questi artisti, non sappiano come orientarsi.

Le gallerie d’arte italiane trattano pochissimi artisti Native Americans. Alcuni di loro, per la verità, hanno avuto spazi non irrilevanti alla Biennale di Venezia (si pensi a Jimmie Durham o Rebecca Belmore), altri – come Mateo Romero o Gerald Cournoyer – hanno esibito le loro opere, ma non esistono ancora gallerie che abbiano manifestato un interesse genuino e continuativo per questi artisti. Va precisato, naturalmente, che quando parliamo di arte Native American intendiamo un coacervo di cose diversissime. Ci sono artisti profondamente ancorati ad una dimensione tradizionale, legati ad un repertorio iconico e a un immaginario che trae ispirazione dalle credenze, dai riti, dai colori, dai paesaggi indiani, e persino dai cliché, con i quali alcuni artisti intrattengono un rapporto di candore ingenuo, e che altri usano con un pizzico di cinismo. Mi vengono in mente i nomi di Mateo Romero, Nocoma Burgess, Kevin Red Star, Tony Abeita, Randy Lee White, Roxanne Swentzell. Altri artisti hanno talmente metabolizzato la propria identità da non essere immediatamente riconducibili ad una specifica cultura, e anzi guardano con interesse a mondi altri, accogliendo con intelligenza influenze europee. Penso a Jaune Quick to See Smith, la più grande di tutte, ma anche a Kay Walking Stick, Rick Bartow e Bob Hazous.

Infine ci sono artisti che si difendono dalle generalizzazioni, e reagiscono quasi con fastidio alla sottolineatura della loro origine aborigena, non perché ne prendano intimamente le distanze, ma anzi per una forma di pudore sentimentale, come se volessero sottrarsi alle curiosità e alla superficialità del pubblico. Jimmie Durham è fra questi, ma anche Emmi Whitehorse, Brian Jungen o Rebecca Belmore.

Sono certo che, nel tempo, i migliori artisti americani di origine nativa riusciranno ad affermare la loro voce e a ritagliarsi uno spazio rispettabile nel mercato dell’arte. Oggi le quotazioni dei maggiori artisti native sono ancora assai abbordabili; le gallerie, specie in New Mexico, hanno ricarichi elevati (e per l’Italia si devono aggiungere spese di trasporto e dogana spesso ingenti), ma Blue Rain Gallery, Windsor Betts e Chiaroscuro, per citarne solo tre, valgono la pena. Le aste internazionali rappresentano – a saper scegliere – delle ghiottissime occasioni. Con prezzi dai 1.000 ai 5.000 euro si comprano già opere importanti, con un pizzico di fortuna, molta pazienza e conoscenza del settore ci si può persino impossessare di lavori di livello museale.

A chi volesse cominciare una collezione posso dare alcuni consigli, legati alla mia esperienza personale, anche se poi ogni collezionista opera le sue scelte frutto di percorsi individuali.

Per chi voglia opere di artisti storici, appartenenti cioè alla affermazione dell’arte nativa nel secondo dopoguerra, consiglio la grafica di R.C. Gorman, le gouache di George Morrison e i monotipi di Fritz Scholder, alcuni dei quali davvero meravigliosi.

Fra gli artisti della generazione di mezzo, molti ancora attivissimi, le litografie di Jaune Quick to See Smith, di Kay Walking Stick e di Joe Feddersen, spesso realizzate al Tamarind Insitute di Albuquerque, sono un eccellente maniera di approcciarsi a questi artisti senza spendere un capitale.

Chi voglia la soddisfazione di un grande quadro, un acrilico di grandi dimensioni, con campiture cromatiche che riconducono all’esperienza dell’espressionismo astratto, può orientarsi su un artista come il lakota Gerald Cournoyer, di cui esistono alcune opere in Italia.

Ma, fra non molto, gli amici interessati all’argomento potranno trovare sugli scaffali delle librerie una sorpresa, spero gradita. Con questo piccolo “mistero” saluto i lettori rivolgendo loro i miei migliori Auguri.

P.S. A proposito di “arcani”, vorrei precisare che ogni titolo dei miei ritratti d’artista era tratto da un romanzo o da una raccolta di poesie native americane. Un invito alla lettura e alla scoperta di una letteratura interessante. Buona ricerca! 

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