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- FEBBRAIO 2018 -
HOME - Usa - Indiani d’America - Ritratto d’artista Gerald Cournoyer “Tentativi di volo”
Indiani d’America
Ritratto d’artista
Gerald Cournoyer
“Tentativi di volo”
Da questo mese su Bridge i ritratti di artisti nativi americani a cura del pianista Emanuele Arciuli, esperto dell’arte dei nativi.
Una passione folgorante nata dieci anni fa, in South Dakota, proprio dall’incontro con i dipinti di Gerald Cournoyer
di Emanuele Arciuli
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Gerald Cournoyer. Abstract Ravens. Foto gentilmente concessa da R. B. Ravens Gallery
(www.rbravens.com/contemporary-artists/gerald-cournoyer)

Dieci anni fa fui invitato dall’Università di Vermillion, piccola cittadina all’estremo sud-est del South Dakota, per concerti e lezioni.

Il nome Dakota evocava in me scenari fantastici: Little Big Horn, i Sioux, Toro Seduto, Cavallo Pazzo, insomma il tipico immaginario di quanti, italiani della mia generazione, sono cresciuti con Tex Willer, John Ford e Sergio Leone. Avrei voluto visitare quei posti dal vivo.

Le riserve indiane erano però assai distanti, mi fu detto, e tutte nella parte occidentale dello stato; ma a Vermillion, proprio il giorno del mio arrivo, ci sarebbe stato un vernissage nella galleria d’arte dell’Università. Accettai l’invito. Fu una folgorazione; è lì che ha avuto inizio la mia passione per l’arte dei nativi americani. Vi esponeva il pittore Gerald Cournoyer, non ancora quarantenne, appartenente alla tribù Oglala Lakota. Al mio sguardo ingenuo, le sue campiture cromatiche, racchiuse in morbide geometrie, ricordavano addirittura Mark Rothko. Fatto sta che alcune delle grandi tele esposte suscitarono in me una vera emozione, così ne comprai immediatamente una. Non potevo non cominciare da Cournoyer, dunque, questa mia piccola selezione di artisti.

Allievo di Oscar Howe, proprio a Vermillion, Cournoyer vive nella riserva di Pine Ridge, nella cui scuola insegna disegno e pittura. Il nome di Oscar Howe dice poco o nulla agli appassionati di arte in Europa; si tratta invece di un Maestro di importanza storica, uno dei primi nativi americani a rifiutare l’idea di una pittura legata agli stereotipi dell’indiano, e capace – piuttosto – di proiettare il suo stile in una dimensione internazionale, anche grazie alle influenze del futurismo italiano (Howe fu arruolato dall’esercito americano nella seconda guerra mondiale, e trascorse un breve periodo in Italia, venendo a contatto con il futurismo, specie Dottori e Boccioni).

I colori assumono, nei primi quadri di Cournoyer, un valore simbolico, e alcuni tratti sono ispirati a elementi della cultura Lakota. Le strette linee orizzontali che scandiscono il ritmo della sua pittura, ad esempio, sono una citazione dei quillworks (gli aculei di porcospino utilizzati nei vestiti tradizionali).

A distanza di molti anni da allora, credo di vedere nelle sue tele ben altre suggestioni rispetto a Rothko, e in particolare mi pare evidente quella di Dan Namingha, artista di origine Hopi molto noto nel Southwest e collezionato da numerosi e importanti musei.

Alcuni temi pittorici di Gerald, invece, si riverberano nei quadri della giovane artista (anche lei Lakota) Dyani Reynolds-Whitehawk, vincitrice dell’Indian Market 2011.

Ad esempio, anche Dyani utilizza il motivo dei quillwork, e impiega colori e geometrie di forte carica simbolica e memoriale.

Oggi le tele di Cournoyer sembrano orientate a una figurazione più conciliante nei riguardi del gusto corrente, per lo più ritratti di capi indiani, realizzati con una tecnica che – a proposito di rimandi ingenui – ricorda Chuck Close. Sono “tentativi di volo”, per dirla con Sherman Alexie. Forse la cifra di Cournoyer risiede proprio nel candore con cui egli percorre sentieri già battuti per riviverli attraverso il suo sguardo d’artista, rinnovandone l’incanto e suggerendo nuove prospettive.

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