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- FEBBRAIO 2018 -
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Mondo Italoamericano
Michael Fiore
Il mago americano della lotta al fumo con la Puglia nel cuore
Il Dottor Vincenzo Zagà, coordinatore del Centro Antifumo della AUSL di Bologna, intervista il Professor Michael Fiore, americano d’origine italiana e pugliese, esperto di fama mondiale nella lotta al tabagismo.
Dai ricordi della visita ai nonni, a Terlizzi, all’orgoglio di aver lavorato, come consulente nazionale per la salute e la lotta al tabagismo, nelle amministrazioni Clinton e Obama
di Vincenzo Zagà
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Il Professor Michael Fiore

Il Professor Michael Fiore, americano di origini pugliesi, è un esperto di fama mondiale nel campo del tabagismo e delle tecniche per smettere di fumare. È Direttore del Wisconsin Center for Tobacco Research della Wisconsin University e collabora con la Società Italiana di Tabaccologia (SITAB) e con la rivista Tabaccologia. È molto legato all’Italia, alla Puglia e… alle orecchiette.

 

Professor Fiore, lei ha origini italiane e in particolare pugliesi. Ci racconta qualcosa della sua famiglia d’origine?

 

Mio padre, nato in America nel 1919, è vissuto a Terlizzi (Bari) dall’età di 2 anni fino ai 13 anni circa. Mio nonno, Pietro Fiore, aveva una tenuta e coltivava uva e olivi nelle campagne di Terlizzi. Viaggiava spesso in America nei primi anni del Ventesimo secolo, lavorando nei cantieri per mettere da parte un po’ di soldi con la speranza di tornare in Italia e ingrandire la sua attività agricola. Durante uno di questi viaggi nacque mio padre, con cui poi rientrarono in Puglia. Quando mio padre aveva circa 13 anni, mio nonno e suo fratello decisero di trasferirsi in America per le opportunità che offriva; avevano dei cugini a Boston e perciò si stabilirono lì. Poi i miei nonni rientrarono a Terlizzi, dove mio nonno visse fino alla veneranda età di 100 anni.

La famiglia di mia madre è di Avellino. Lei e mio padre si sono conosciuti a Boston subito dopo la seconda guerra mondiale. Mio padre aveva fatto il militare nell’esercito statunitense e si sono sposati poco dopo la fine della guerra.

Il mio primo viaggio in Italia fu per andare a trovare i miei nonni, a Terlizzi. Avevo 17 anni. Sono rimasto lì per due settimaane e questa visita è rimasta impressa in modo indelebile nella mia memoria.

Nel corso degli anni, la maggior parte dei miei parenti di Terlizzi sono deceduti, ma nell’autunno del 2012 ho fatto un altro viaggio in Puglia, soggiornando alla casa di un amico a Giurdignano, vicino a Otranto (Lecce). È stato un viaggio meraviglioso, ho trascorso molto tempo a visitare degli uliveti, sapendo che mio padre e mio nonno avevano trascorso tanto tempo in luoghi simili, negli uliveti vicino Terlizzi.

 

E lei dove è nato, dove ha studiato, come si è svolta la sua carriera?

 

Sono nato a Boston nel 1954. Benché né mio padre né mia madre avessero completato gli studi, per loro la mia istruzione e quella dei miei fratelli era molto importante. Per molti aspetti io rappresento la classica storia americana: gli italoamericani incoraggiavano fortemente i loro figli a studiare per fare strada in America. Mio padre, che è morto nel 1996, era così orgoglioso del figlio medico che portava sempre il mio biglietto da visita con la scritta “Michael C. Fiore, M.D.” nel portafoglio.

Per quanto riguarda gli studi, ho frequentato la Facoltà di Medicina alla Northwestern University di Chicago e ho fatto le prime esperienze di lavoro in Medicina Interna al Boston City Hospital e poi al Public Health Training (MPH) della Harvard University. Mi sono specializzato in Medicina Preventiva presso lo United States Center for Disease Control (CDC) e ho completato un Master in Amministrazione Aziendale (MBA) presso l’Università del Wisconsin. Attualmente sono Professore di Medicina all’Università del Wisconsin, dove ho fondato e ancora oggi dirigo The University of Wisconsin Center for Tobacco.

 

Lei è oramai un opinion leader a livello mondiale nel campo della prevenzione e terapia per la dipendenza da tabacco. Come e perché ha iniziato a studiare la devastante dipendenza dal tabacco?

 

Lavoravo presso lo United States Center for Disease Control (CDC) quando ho avuto il privilegio di ricevere la proposta di un incarico presso lo United States Office on Smoking and Health di Washington DC. Quello era un momento, la fine degli anni ’80, molto importante per il controllo del tabagismo. Per la prima volta il governo degli USA aveva riconosciuto la dipendenza dal tabacco come patologia e riconosciuto il fumo passivo come rischioso per la salute.

Il mio lavoro presso lo Smoking and Health Office mi ha trasformato e durante quel periodo (’87-’88) ho deciso di dedicare la mia carriera a ridurre gli effetti nocivi dell’uso di tabacco e ad aiutare i fumatori a smettere.

 

Sappiamo che ha collaborato come consulente per la salute con le amministrazioni di Clinton e Obama…

 

Dalla fine degli anni ’80 ho ricevuto diversi inviti a partecipare in attività riguardanti il controllo dell’uso di tabacco. Probabilmente l’incarico più importante è stato quello di presiedere il Comitato della United States Clinical Practice Guideline, che ha prodotto tutte e tre le edizioni della “Treating Tobacco Use and Dependence”. Questa fu la prima pubblicazione linea guida, negli USA, a documentare le terapie più efficaci per aiutare i fumatori a smettere e ad evidenziare il ruolo importante che i medici hanno nell’aiutare i loro pazienti nella lotta al fumo. Attualmente sono consulente dello United States National Cancer Institute.

 

Lei è amico e mentore della Società Italiana di Tabaccologia (SITAB), nata nel 1999, ed è Presidente del Comitato Scientifico Internazionale della rivista Tabaccologia. Qual è, a suo avviso, il ruolo che questa fondazione e la rivista hanno avuto in Italia in questi anni?

Ho avuto l’onore di participare a tanti eventi della SITAB e di scrivere diversi articoli per la rivista Tabaccologia e apprezzo molto il modo in cui la società e la rivista hanno lavorato per ridurre l’uso di tabacco in Italia.

 

Infine, qual è il suo piatto pugliese preferito?

 

Forse è per le mie origini pugliesi ma le orecchiette sono sempre state il mio piatto preferito. Mi piacciono con qualsiasi condimento, specialmente se sono fatte in casa, ma sopratutto con il ragù, come le faceva mia madre.