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- FEBBRAIO 2018 -
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Mondo Italoamericano
Licia Albanese
La leggenda vivente dell’Opera compie cent’anni
I festeggiamenti a New York, con un concerto di giovani voci premiate dalla sua Fondazione.
Nata nel Barese, con una straordinaria carriera di successi internazionali, divenne cittadina americana nel 1945.
Mai dimenticati il dialetto e la cucina della sua terra
di Ugo Sbisà
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1995. Licia Albanese riceve la Medaglia d'Onore per le Arti dal Presidente Clinton

Che sia nata a Torre Pelosa (all’epoca frazione di Noicattaro) il 23 luglio del 1913, data indicata da Wikipedia, o piuttosto il 24 luglio del 1909, come invece riporta l’enciclopedia dell’Utet, poco interessa: Licia Albanese è sempre una leggenda vivente della lirica e per questo a New York si è deciso di festeggiarne i cent’anni al Rose Theatre del Lincoln Center, con un concerto di giovani voci premiate dalla fondazione che appunto reca il nome del grande soprano di origini baresi.

Ed è, quella di Licia Albanese, una storia tutta da raccontare, dal momento che la piccola Felicia (questo il suo vero nome), figlia di un rappresentante di alimentari, sembrava sin da piccola destinata a una carriera da ballerina, senonché un giorno, mentre ascoltava la sorella fare dei vocalizzi con la propria insegnante di canto, provò a ripeterli anche lei e lo fece così bene che la famiglia si decise ad avviarla a quegli studi.

Le cronache biografiche raccontano che il suo debutto scenico avvenne quasi per caso: alla Scala da spettatrice per ascoltare una Madama Butterfly, nel 1934, si trovò a dover avventurosamente sostituire nel ruolo di Cio-Cio-San la protagonista, sentitasi male dopo il primo atto. E lo fece così bene da imporsi all’attenzione di pubblico e critica. La lunga serie di successi in Italia e all’estero (fu tra l’altro al Covent Garden di Londra, a Parigi e in Spagna) le consentì di varcare l’Oceano nel 1940 alla volta del Metropolitan di New York, sempre per interpretare una Butterfly. E qui avvenne un altro singolare episodio: un’amica barese, di cognome Gimma, l’aveva indirizzata al proprio fratello Giuseppe, agente di borsa a New York. I due si incontrarono, si piacquero e... si sposarono.

Nel 1945, divenne cittadina americana, ma per tutta la vita, in casa Gimma-Albanese, la lingua ufficiale fu il dialetto barese, successivamente usato (come ricorda lo storico Alfredo Giovine) per comunicare anche con il figlio. Un legame, quello con Bari e la Puglia (dove peraltro risiedono tutt’oggi alcuni suoi parenti) che portò la Albanese a tornare ad esibirsi nella propria regione: fu in Madama Butterfly nel 1956 al Piccinni e poi l’anno successivo in Traviata, mentre al Petruzzelli si era esibita nel 1934 e nel 1935, cantando rispettivamente in Manon di Massenet e nella Bohème. Le cronache riportano anche di un trionfale recital cameristico tenutosi nel 1964 al Petruzzelli e dedicato a pagine di Piccinni, Rossini, Bellini e Verdi. In quell’occasione, la famiglia Albanese si soffermò a Bari anche più a lungo del tempo necessario per tenere il recital: “mamma” Licia voleva a tutti costi che il figlio conoscesse la terra d’origine della propria famiglia, affinché le bellezze gli restassero ben impresse nella memoria. Proprio come era accaduto a lei, con i colori, ma anche i “sapori” della sua Bari. Non a caso, il marito era solito confessare agli amici: “Datele una casseruola, una cipolla, un mazzo di spezie ed anche in cucina si rivelerà un’artista!”.

Nella sua lunga carriera, Licia Albanese è stata Cio-Cio-San almeno trecento volte e può vantare di aver cantato con Arturo Toscanini, suo grande estimatore che la diresse in più occasioni e con lei incise anche una Traviata. A Manhattan, sono stati numerosi i cantanti intervenuti per festeggiare i suoi cent’anni. E lei si è commossa, dimostrando che, alle origini del suo talento leggendario, ci sono sempre stati grande trasporto interpretativo e altrettanto grande umiltà. “Non sono mai stata una diva, – aveva detto alcuni anni fa a un intervistatore del San Francisco Chronicle – Chiamatemi una cantante molto espressiva”.

New York l’ha celebrata come una leggenda al pari di Caruso, Gigli e Toscanini, il cui nipote Walfredo, per anni membro del direttivo della fondazione “Licia Albanese”, è morto l’anno scorso a 82 anni.

Un motivo di orgoglio per la Puglia nel mondo, che forse meriterebbe di essere celebrato e ricordato meglio proprio nella sua città.