

Tegame di verdure primaverili. Foto di Dario Ersetti
Cos’hanno in comune le patate Sieglinde di Zapponeta e di Galatina, i cipollotti di Zapponeta, i carciofi brindisini, le fave di Carpino o di Zollino, i piselli ricci di Sannicola?
Sono prodotti tipici pugliesi, del Foggiano e del Leccese, e sono tutti primaverili. Non è perciò un caso che questo piatto sia diffuso in tutta la Puglia. Ogni famiglia poi varierà i dosaggi in base ai propri gusti, magari anche omettendo qualche ingrediente.
Ricordiamo solo che il pisello riccio di Sannicola (Lecce), oggi prodotto di nicchia di difficile reperibilità, era in passato l’unico tipo coltivato in Puglia ed era tanto apprezzato, sia fresco che secco, da essere venduto fino in Centro Italia.
La ricetta
Dosi per 4 persone:
- 3 patate
- 3 carciofi
- 700 gr di fave fresche
- 700 gr di piselli freschi
- 2 cipollotti
- prezzemolo
- 50 gr di formaggio pecorino grattugiato
- 50 cc di olio extravergine d’oliva
- sale
- pepe
Pelare le patate e tagliarle a spicchi, pulire i carciofi e tagliarli in quattro, sgranare le fave e i piselli, affettare sottilmente i cipollotti, tritare il prezzemolo.
In un tegame di coccio mettere l’olio e tutte le verdure, unire acqua fino a metà delle verdure, salare, cospargere di prezzemolo e formaggio, coprire con coperchio e far cuocere per circa mezz’ora a fuoco bassissimo. Questo è uno dei sistemi di cottura pugliesi chiamato “tutto paro”, dove gli ingredienti vengono messi in pentola tutti assieme e a freddo. Sistema nato per snellire il lavoro in cucina oggi sarebbe definito salutistico in quanto l’olio non raggiunge mai temperature elevate.
Se non piacciono le bucce delle fave è sufficiente metterle in un forno a microonde per un minuto alla massima potenza e si sentiranno degli scoppiettii quando le bucce saranno “sparate” via dalle fave.
La ricetta originale prevede un quantitativo d’olio più che quadruplo, in quanto l’olio era il carburante per il lavoro nei campi e serviva per condire il pane, molto pane. Anche con meno olio la piacevolezza del piatto però non ne sarà diminuita.
Una curiosità. Nel volume Leggendario Francescano pubblicato a Venezia nel 1771, è citato l’episodio che vede il beato Giacomo da Bitetto lasciar cadere qualche lacrima nella pentola dove stava cuocendo delle fave fresche per i suoi confratelli. L’ipotesi più consolidata definisce questo fatto se non un miracolo almeno un evento prodigioso generato da uno stato di estasi del Beato; curioso che nessuno abbia invece ipotizzato che Fra Giacomo, cuoco pro tempore, abbia affettato delle cipolle da aggiungere alle fave.
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