

La cotognata leccese, una vera squisitezza. Foto di Dario Ersetti
Nel 1982 la Comunità Europea ha deciso che la marmellata può essere solo a base di agrumi, per cui le marmellate fatte con altra frutta, da quel momento, sono diventate confetture.
Curiosa, come decisione, e anche antistorica. La parola “marmellata” deriva infatti dal portoghese “marmelo”, che vuol dire cotogno.
E con le mele cotogne, che maturano in autunno, da tempo immemorabile, in provincia di Lecce si fa la “cotognata”, una gustosa marmellata solida, che si può poi consumare per tutto il resto dell’anno ed è molto più buona di qualsiasi confettura o “marmellata” di cotogne.
Pur essendo una specialità leccese, la cotognata è diffusa anche in altre parti del mondo. Henri Philippon, per esempio, ce ne dà la ricetta nel suo Cuisine du Quercy et du Périgord, pubblicato da Denoël a Parigi nel 1979. E si dice che persino la famosa mela di Eva sia stata proprio una cotogna.
Sembra che non ci sia una ricetta codificata per la cotognata leccese, anche se le varie ricette differiscono poco tra di loro: cuocere le cotogne con o senza acqua, dosare lo zucchero nei rapporti 1:1 o 0,7:1 (1 Kg di zucchero o 700 gr per ogni Kg di mele), aggiungere o meno succo di limone. Noi suggeriamo quella con meno zucchero: lascia più spazio al sapore intenso delle cotogne.
La ricetta
- 1 kg di mele cotogne
- 700 gr di zucchero
- succo di limone (facoltativo)
Levare i torsoli alle cotogne, tagliarle a pezzi e metterle a cuocere appena coperte d’acqua in una pentola. Quando saranno quasi spappolate, passarle al setaccio e rimetterle nella pentola aggiungendo 700 gr di zucchero per ogni Kg di frutto crudo. Cuocere a fuoco dolce finché la pasta avrà assunto un bel colore bruno e si staccherà dalle pareti. Stendere la cotognata su un piano di marmo leggermente oleato e pareggiarla con una spatola a un’altezza di 2-3 cm. Quando si fredda, tagliarla a quadrati e farli asciugare al fresco prima di avvolgerli in carta oleata.
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