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- FEBBRAIO 2018 -
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Proverbi dialettali
Quella cattiva reputazione dei preti… Prèiti e ffrati
Mai bbinchiati

[Preti e frati
Non sono mai sazi]
(Salento)
di Alberto Sobrero
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Bruno Maggio. China

Questo è uno dei tanti, anzi tantissimi proverbi che hanno per protagonista il prete. Il prete era una figura centrale nell’organizzazione di una comunità rurale: presiedeva a tutti i riti di passaggio della vita personale (nascita, matrimonio, mor-te) e sociale, era depositario – attraverso la confessione ¬– di tutti i segreti più intimi di tutte le persone della comunità, era consigliere ascoltato, predicatore e – oggi si direbbe – motivatore di prim’ordine. Era persino padrone incontrastato di un linguaggio esoterico dal sapore magico (il latino), e in ultima analisi poteva disporre direttamente o indirettamente del destino di molti (far studiare i figli in un collegio, ma anche colpire con uno stigma sociale non rimediabile, attraverso una semplice deprecazione dal pulpito).  

Attraverso i proverbi – nei quali si depositano stereotipi e pregiudizi sociali – possiamo dunque farci un’idea dell’impatto di questa figura sulla compagine sociale del paese, capire quanto e perché era amato / odiato, ammirato / disprezzato, temuto, invidiato, venerato….

Ho fatto uno spoglio dei proverbi salentini, scegliendo quelli che hanno per protagonisti preti e monaci. Ecco una breve rassegna di quelli che, proverbialmente, sono i loro principali vizi e difetti.

Sono degli scrocconi: fìmmine, avvucati e pprèiti / ogne staggione mètene  “Femmine, avvocati e preti / d’ogni stagione mietono”

Anzi, sono avidi, bramosi, ingordi: ngurdizzia de prèite / misericordia de Ddiu / e ssite de ferraru / su’ ttre cose nfinite “Ingordigia di prete / misericordia di Dio / e sete di fabbro / son tre cose infinite”; cani, prèiti e ccaddi / nu sse bbinchiane mai “cani, preti e galli / non si saziano mai”

Sono furbi: ttre su’ li suttili: / li mònici, li prèiti e cci nu tene fili “tre sono gli scaltri / i monaci, i preti e chi non ha figli”

Sono ostinati: fìmmana, mulu e pprete / cchiù ccucciuti nu nci nn’ète “femmina, mulo e prete / più cocciuti non ce n’è”;

Sono melliflui: prèiti, monici e ccani / sempre pronti tte lìccane “preti, monaci e cani, sempre pronti a leccarti”

Sono degli impiccioni: lu monicu de la Lizza [una chiesa presso Parabita] / a ttutte vanne va’ sse mpizza “il monaco della Lizza / in ogni angolo si ficca”
Sono malvagi e insensibili: monici e pprèiti de carità su’ pprivi / fùttene li morti, e strafùttene li vivi “monaci e preti di carità son privi / fottono i morti e strafottono i vivi”
Sono vendicativi: odiu de prèiti, vendetta de mònici / e rrugna d’ebbrei, miserere mei “odio di preti, vendetta di monaci / e rogna d’ebrei, miserere mei”

Ma c’è di più, molto di più. Alcuni proverbi trasudano acrimonia: i preti compaiono in una lista che potremmo definire dei depredatori, addirittura a fianco dei briganti: prèiti e bbricanti / cèrcane cuntant”; lu prèite cu lla stola / lu banditu cu lla pistola / cce òlene òlene “il prete con la stola / il bandito con la pistola / quello che vogliono vogliono”.

E non basta: i suggerimenti diventano istigazioni a compiere azioni sempre più forti, in un crescendo rossiniano: bisogna tenerli lontani (prèiti, monici e ccani / stàmune sempre luntani), bisogna tenersi pronti a menar le mani (preiti, monici e ccani / teni sempre la mazza a li mani “tieni sempre il bastone a portata di mano”), anzi bisogna dargli un colpo in testa e abbandonarli (mònici, prèiti e pàssari / càzzali la capu e llàssali “monici, preti e passeri / un colpo in testa e làsciali”).

Colpisce una cosa: sono tutti stereotipi negativi, ma in un certo senso generici. Potrebbero applicarsi – e spesso si applicano – anche all’avvocato, o al dottore. Perché dunque questo accanimento proprio contro preti e monaci?

      Forse un po’ di luce arriva da altri proverbi, che tracciano profili feroci dei preti e dei frati sui piani, per così dire, più ‘sensibili’: sessuale, sociale, religioso. 

Quannu de maritati, de prèiti e dde frati se face ncantare /la fìmmana mutu perde pe ppocu guadagnare “quando si fa incantare da maritati, da preti e da frati, la femmina molto perde per poco guadagnare”; lu monicu ca cerca / cerca pe ddoi “il monaco che cerca / cerca per due [anche per la sua amica]”: vuol dire che preti e frati si lasciano irretire dalle donne. E questo mette in allarme l’ossessione possessiva del maschio nei confronti della sua femmina.

Duttori, avvucati e pprèiti / nu sputane mai a llu piatti “non sputano mai nel piatto”: vuol dire che fanno parte della classe dominante, stanno sempre dalla parte di chi comanda, e questo suscita la diffidenza e l’ostilità di chi si trova per tutta la vita dalla parte dei più deboli, e vede in queste scelte delle pratiche di vita sociale contrarie al Vangelo. 

Che questa incoerenza fra vita predicata e vita vissuta sia centrale nella rap-presentazione negativa del prete lo attestano infine due proverbi a sfondo religio-so: prèiti e mmonici / sèntite missa e ffusci “séntiti la messa e scappa”; prèiti an terra, prèiti an cèlu / picca prèiti a llu vangelu “preti in terra, preti in cielo / niente preti al Vangelo”.
Non si critica la messa, non si critica il Vangelo, che anzi sono il perno della vita spirituale e morale, ma si criticano i preti che al di fuori della messa si comportano in modo indegno, e che non seguono la via indicata dal Vangelo.

Le ragioni profonde sono dunque perfettamente pertinenti allo specifico della vita sacerdotale, e toccano questioni ancora oggi di grande attualità: in termini moderni, il celibato, una scelta di vita fedele al Vangelo. 

Questi proverbi: sembrano di un’epoca preistorica, poi si scopre che sono attualissimi. Anzi, fanno sorgere un dubbio: non sarà che la dottrina pastorale di Papa Francesco si ispira ai nostri detti popolari?

 

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