I proverbi meteorologici più radicati di quelli religiosi De Natale a nnanti
tremanu l’enfanti
Te Natale a mpoi
tremanu le corne de li oi
[Prima di Natale tremano i bambini
Dopo Natale tremano le corna dei buoi]
(Salento) di Alberto Sobrero
Bruno Maggio. China
Il significato è trasparente: prima di Natale il freddo è avvertito solo dai bambini, dopo Natale è tanto intenso che fa tremare perfino le corna dei buoi. Questo proverbio dunque non riguarda il Natale come festa cristiana, come mistero della nascita di Gesù ecc. ma come giorno del calendario che segnala un cambiamento climatico particolarmente forte: non è un demarcatore del cammino liturgico ma un demarcatore dell’andamento climatico.
Sfogliando l’elenco dei proverbi che riguardano il Natale, in realtà, si nota che pochissimi riguardano il significato liturgico, o il messaggio evangelico di questa festività. Al contrario, la maggior parte dei proverbi fa capo a due aree tematiche tipicamente laiche: la meteorologia, vista in funzione dei problemi di vita e di lavoro del contadino, e la vita sociale. Qualche esempio:
a)Area meteorologica-lavorativa:
Te Santa Lucia llunghisce la dia / quantu l’ecchiu de l’addina mia “a Santa Lucia si al-lunga il giorno / quanto l’occhio della gallina mia” (cioè di pochissimo, quasi un niente. È di sicuro un proverbio antichissimo, certo anteriore al 1582: prima di quella data infatti il solstizio d’inverno cadeva fra il 12 e il 13 dicembre e rendeva proprio il 13 dicembre il giorno più corto dell’anno. La riforma del calendario cambiò le cose, e con l’aggiunta di una decina di giorni al calendario il solstizio andò a cadere il 21 dicembre, facendo diventare ‘sbagliato’ il vecchio proverbio, che tuttavia continuò a tramandarsi);
De Natale / lu giurnu pare “a Natale il giorno compare” (nel senso che ci accorgia-mo già che si sta allungando);
Prima de Natale né friddu né fame / doppu Natale e friddu e fame (è simile, nel contenuto, al proverbio da cui siamo partiti: Natale è la porta dell’inverno, e introduce a una stagione di sofferenze fisiche);
Se uei begna na bbona annata / Natale ssuttu e Pasca mmuddata “se vuoi che venga una buona annata / Natale asciutto e Pasqua bagnata” (se in inverno prevale il tempo freddo e asciutto e in primavera piove le piante hanno un buon sviluppo radicale e producono frutti in abbondanza. Il centro del proverbio non è il Natale ma l’andamento dei raccolti).
b) Area sociale:
Se uei bbiti la massara pumposa / Natale ssuttu e Pasca muttulosa “se vuoi vedere la massara in pompa magna / Natale asciutto e Pasqua con la rugiada” (se il Natale è a-sciutto e freddo e Pasqua umida e piovosa la campagna andrà tanto bene che il massaro farà grandi guadagni e sua moglie potrà vestirsi in pompa magna);
De Pasca e de Natale / se mmutanu le furnare / de Pasca Befania / se mmuta la signuria “le popolane si mettono il vestito della festa il giorno di Pasqua e il giorno di Natale; le signore da Pasqua all’Epifania” (praticamente: in qualunque giorno dell’anno);
Ci nu face lu desciuno de Natale / o ca è turchiu o ca è cane “Chi non fa il digiuno di Natale / o è un turco o è un animale” (si riferisce al digiuno della vigilia di Natale, da ritenersi assolutamente obbligatorio, pena il declassamento dell’uomo a bestia o a nemico dell’umanità);
De Natale / puru lu focu s’ha a binchiare “A Natale anche il fuoco si deve rimpin-zare” (si allude alla cena della vigilia, durante la quale era praticamente obbligatorio mangiare a sazietà: dunque si dovevano rimpinzare uomini e donne, animali, e persino il fuoco, che doveva essere gratificato di dosi di legna più abbondanti).
Il Santo Natale è sullo sfondo, è una data sul calendario, che si riempie di significato in funzione dei bisogni vitali del contadino (la fame, il freddo, il raccolto o dei campi), della stratificazione della società (gli abiti eleganti come indicatori della classe sociale) e degli usi consolidati (digiuno e poi il cenone della vigilia).
Già per Aristotele il proverbio era “un avanzo dell’antica filosofia, sopravvissuto a tante rovine”. Ora possiamo constatare che neppure il Cristianesimo è riuscito a intaccare il fondo quanto meno laico tramandato da quell’“antica filosofia”.