quiddu c’à fare crai, fallu osce
[Quello che devi mangiare oggi, màngiatelo domani;
quello che hai da fare domani, fallo oggi]
(Salento) di Alberto Sobrero
Bruno Maggio. China
Questo proverbio è giocato su un tema che noi oggi giudicheremmo filosofico: la gestione del tempo. Al tempo che passa, alle stagioni e ai loro ritmi, all’impazienza della gioventù e alla saggezza dell’età avanzata sono dedicati molti dei proverbi più noti; ma alcuni affrontano anche il tema del comportamento umano in relazione al fluire del tempo, cioè della gestione – consapevole e programmata – del tempo. Il nostro è uno di questi.
La struttura è piuttosto complicata: nel primo verso i tempi dell’azione sono, nell’ordine, presente (osce) e futuro (crai), e la direzione dell’azione (mangiare) va, per così dire, in avanti, dall’oggi al domani; nel secondo verso i tempi sono invertiti (crai… osce) e la direzione dell’azione va all’indietro, dal domani all’oggi.
La direzione del tempo s’inverte, e s’inverte l’ordine delle azioni: se ti trovi nel presente e guardi al futuro, per garantirti un buon futuro devi rimandare il piacere del consumo (mangiare); ma se hai già impegnato il tuo futuro con un obbligo gravoso, per garantirti un buon futuro devi spostare l’obbligo sul presente. Come dire che lo scorrere del tempo obbliga l’uomo a spostare sull’oggi rinunce e obblighi che potrebbero gravare sul domani. La felicità di domani si paga con la rinuncia di oggi; simmetricamente, lo star bene di oggi si paga con lo star male domani.
Si veda l’illustrazione di Bruno Maggio: il disegno è articolato in quattro vignette distribuite sui quattro quadranti. Nelle vignette il tempo (oggi / domani) e la condizione dell’uomo (gode / soffre) si abbinano in questo ordine:
oggi – soffre / oggi – gode
domani – gode / domani – soffre
Possiamo leggere in due prospettive, a seconda della nostra gerarchia dei valori: se privilegiamo la prospettiva dell’oggi troviamo il piacere nell’angolo a destra in alto, ma troviamo anche la penitenza in basso a destra; se privilegiamo la prospettiva del domani troviamo il piacere nell’angolo a sinistra in basso, ma quel piacere lo scontiamo in anticipo (a sinistra in alto).
Come dire che non solo la felicità senza tempo non esiste (non ci sono due caselle positive di seguito, in verticale), ma il poco di felicità che si può ottenere è subordinato alla nostra gestione del tempo. E – qui sta la parte più impegnativa – per riuscire ad averla dobbiamo andare contro la direzione naturale del flusso del tempo: vorremmo essere felici sempre – in alto e in basso – e invece dobbiamo vivere nell’oggi pensando non all’oggi ma al domani, e pagare in anticipo lo scotto di lavoro e sofferenza che deve pagare chiunque aspiri alla felicità.
È qualcosa in più del contrasto fra il tempo della cicala e il tempo della formica. È un inno alla previdenza e all’organizzazione, che contrasta la voglia innata di godere ‘senza se e senza ma’. Siamo all’interno di una visione, in fondo, fatalista e pessimistica. Se non governa il tempo, mettendo il futuro davanti al presente – quanto meno nella gerarchia delle sue aspirazioni – l’uomo è condannato all’infelicità.
Ancora una volta, quando dà precetti e regole di vita, il proverbio riflette in fondo una concezione amara e quasi penitenziale dell’esistenza, evidente riflesso delle difficili, amare, dolorose condizioni di vita dell’uomo. Quanto meno, dell’uomo comune, nella grama ‘società dei proverbi’.