L’amore, a lla speranza
[L’acqua va seguendo la pendenza
L’amore va inseguendo la speranza]
(Salento, ma diffuso in molte aree dell’Italia meridionale) di Alberto Sobrero
Bruno Maggio. China
Abbiamo passato in rassegna in questa rubrica una serie di proverbi fortemente caratterizzati da un diffuso sapore di disincanto, di rassegnazione a un destino di miseria, di subalternità sociale senza speranza. I lettori più tenaci ricorderanno i temi principali che hanno disegnato, nel loro insieme, questo quadro, così fosco ai nostri occhi:
- i rapporti umani alterati dal dominio assoluto e incontrastato di una classe egemone, identificata nei preti, negli avvocati, nei padroni e nei fattori, nei medici, negli usurai;
- il potere dispotico, riconosciuto e incontrovertibile, di una figura che domina su tutte le altre: il padrone (il sottoposto deve portare rispetto anche al cane del padrone…);
- l’assenza di un imperativo morale ispiratore, sostituito da un tragico cinismo (“chi mi dà da mangiare lo chiamo papà”) e da precetti ispirati al sospetto, all’egoismo e al culto della ‘roba’ (“guàrdati dai vicini, pensa solo a te”, “porta con te e mangerai con me”), dall’assenza di ogni solidarietà (“guai e dolori, ognuno si pianga i suoi”);
- un quadro generale, conseguente, di atteggiamenti disumani: gli stereotipi negativi sui diversi, soprattutto sulle donne – creature diaboliche – e sul matrimonio, la rassegnazione non solo sul piano esistenziale (“povera me – disse la cozza – tutti quelli che passano mi asfaltano”) ma nelle pene di ogni giorno (“devi pensare alla salute: se ti prende la collera ti ammali”);
- la condanna sempiterna a un lavoro duro, al quale è vano pensare di sfuggire (“per chi vuole lavorare, America è qui, America è là”);
- vite materiali dominate dalla povertà assoluta: pasti frugalissimi – formaggio coi vermi e ravanelli – a cui dà una magra e apparente consolazione l’ebbrezza del vino (al quale questa funzione nobilmente consolatoria vale l’etichetta di ‘sangue di Cristo’).
Gli aspetti positivi sono proprio pochi: si salvano solo le figure dei bambini, creature vicine a Dio e agli angeli (“Il bambinello mio quando nacque / il papa a Roma la messa cantò”), mentre fra le attività sono apprezzate la religione del lavoro per l’uomo e le buone regole dell’economia domestica per le donne (“risparmia la farina quando la madia è piena”).
A parte queste eccezioni, i proverbi, ispirati alla speranza, alla progettazione del futuro, a prospettive di cambiamento, sono davvero pochi. Vogliamo però cercare nella massa dei proverbi anche una nota diversa, positiva: un po’ di luce in fondo al tunnel. In fondo, il mondo dei proverbi è una realtà complessa, che riflette le mille sfaccettature del mondo reale: e nella complessità c’è anche la luce della speranza.
“L’acqua vave a la pinnenza / L’amore, a lla speranza”. È inevitabile che l’acqua scorra seguendo la pendenza del terreno; allo stesso modo, per un’inesorabile legge fisica, l’amore insegue la speranza. Eccola, la speranza. È trainata dall’amore. Forse sono questi i motori di un possibile cambiamento, le fioche luci che aspettavamo di intravedere. L’acqua che scorre sempre nello stesso fiume ma non è mai uguale a se stessa, è il simbolo della vita che scorre ma è – o può essere – sempre diversa: tutto scorre, “tutto va, tutto viene, niente si mantiene eguale”. E l’amore è come l’acqua: corre e corre in una direzione ben precisa, ma diversamente dall’acqua ha un obiettivo finale: la speranza.
Tradotto in termini di vita quotidiana: l’innamorato ha in sé il grande impulso della speranza; e non ci rinuncia, neanche se l’acqua – buttata a secchiate dalla sua bella al verone, sdegnosa e sdegnata – scende su di lui, come l’inesorabile legge della massima pendenza le impone di fare. L’amore-speranza è più forte della forza di gravità. È l’antimateria invisibile ma formidabile capace di trasformare radicalmente – e positivamente – il disperato mondo dei proverbi.