“tutto scorre” Tuttu vave, tuttu vene
gnenti se mmantene
[Tutto va, tutto viene
niente si mantiene]
(Salento) di Alberto Sobrero
Bruno Maggio. China
I proverbi, si sa, hanno un saldo ancoraggio pragmatico. Nascono dall’osservazione degli eventi e dei cicli della natura, dei comportamenti degli uomini e degli animali, della struttura e delle storture della società, e dall’osservazione prolungata e comparativa deducono leggi generali, precetti e divieti.
Sulla base di queste considerazioni, di solito si identificano due tipi di proverbi: quelli didattici, che fanno conoscere e diffondono i risultati di queste osservazioni (un esempio in italiano: “Se piove a Santa Bibiana / piove quaranta dì e una settimana”), e quelli ‘sentenziosi’, che danno consigli sul comportamento da tenere o de temere (“Chi la fa l’aspetti”).
Per le scienze moderne è facile dimostrare che a) la validità delle osservazioni e delle predizioni è ridotta (se piove il 2 dicembre, giorno di S. Bibiana, il maltempo potrebbe durare a lungo, ma le probabilità di una correlazione tra i due fatti sono scarse); b) consigli e precetti sono apodittici, poco supportati da un canone etico organico o condiviso (“Chi la fa l’aspetti” rimanda a un codice basato sulla vendetta che è nettamente in contrasto con la morale cristiana, su cui si regge la maggioranza dei proverbi in Italia). Tutto vero. Peccato che la logica dei proverbi si muova ben lontano da quella del metodo scientifico, e si avvicini piuttosto al mondo del naturismo, della cultura popolare, a volte della poesia.
Poche volte accade che il proverbio abbia nello stesso tempo il conforto della fede e della scienza, una solida base pragmatica e un vertice di autentica filosofia. Tutto in due versi, naturalmente. E il proverbio di questo mese ha proprio queste caratteristiche, quasi uniche.
“Tutto va, tutto viene / niente si mantiene”: sulla terra niente si ripete in modo identico, tutto – lentamente o in gran fretta – si trasforma: il vecchio lascia il posto al nuovo, ma il nuovo diventa presto vecchio e viene a sua volta sostituito, e così via all’infinito. Il cambiamento è vita, e la vita è cambiamento continuo. Viene in mente un altro proverbio molto noto, questa volta francese: Tout casse, tout passe, tout lasse (“Tutto si rompe, tutto passa, tutto viene a noia. E tutto si sostituisce”), che spesso si usa per consolare chi soffre per un grande dolore, ricordandogli, sostanzialmente, che il tempo è un buon medico.
Ma il nostro proverbio nasconde un pensiero più profondo: le sue parole richiamano molto da vicino il panta rei (“tutto scorre”) di Eraclito (filosofo greco del VI-V secolo a.C.): “tutto si muove e nulla sta fermo” “non si può entrare due volte nello stesso fiume, e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, perché essa si disperde e si raccoglie, viene e va”. È la filosofia del divenire, che da Eraclito si irradia per due millenni e mezzo in tutta la storia del pensiero filosofico, sino a Nietsche, a Schopenauer, a Camus. E arriva ad atterrare, nei tempi del pensiero debole, nell’empiria stridente della canzonetta (penso a Vasco Rossi e alle sue Dannate nuvole: “Quando mi viene in mente che non esiste niente / solo del fumo / niente di vero / niente è vero, niente è vero / e forse lo sai / però / tu continuerai / chissà perché?”), sino a scendere ancora più giù, alla volgarità della rottamazione come principio di rinnovamento.
Il divenire come essenza della vita: un principio che abbraccia i piani bassi della filosofia spicciola dell’uomo della strada – che vive sulla sua pelle prima l’esaltazione, poi il dramma dell’inarrestabile susseguirsi dei cicli della vita, sino alla vecchiaia e alla morte – ma anche i piani alti del pensiero empirico e razionalista.
La terra e il cielo, la speranza e la rassegnazione, leggi della natura e norme di comportamento: tutta la saggezza dell’uomo. In due versi.