L’odioso pregiudizio è duro a morire Fije, mujeri e sciardini
Guàrdate de li vicini
[Figlie, mogli e giardini
Guardati dai vicini]
(Salento) di Alberto Sobrero
Bruno Maggio. China
Torniamo, con questo proverbio, all’interno della famiglia, in una società contadina organizzata sulla base di pochi valori-cardine fondamentali, intorno ai quali ruota ogni momento della vita di tutti i giorni. Il proverbio porta a tema un fattore di perturbazione che può attaccare questi valori e di conseguenza mettere in pericolo gli equilibri della società, e indica – in modo epigrammatico – il rimedio. Che, come spesso accade, è un ‘caveas’, una messa in guardia. Seguendo il consiglio, i valori non saranno intaccati e la società conserverà il suo equilibrio. Cioè, nulla cambierà. Come vuole il mondo dei proverbi, delle massime, dei motti popolari.
Nel nostro caso i valori-cardine sono due: l’intangibilità della ‘roba’ e delle donne di famiglia. A ben vedere si tratta poi di un valore unico: la difesa della proprietà. È proprietà del padrone di casa il giardino – con questa immagine, scelta probabilmente per motivi di rima, ci si riferisce in generale alle proprietà terriere – ma allo stesso titolo sono di sua proprietà anche le donne della sua famiglia: la moglie e la figlia. Si difende la proprietà terriera come si difende il possesso delle donne di casa. Da chi?
Ogni comunità, piccola o grande, nel momento stesso in cui si costituisce come tale delimita i suoi spazi e traccia i confini che la separano dalle comunità limitrofe: da questo momento il vicino, che sta appena al di là dei confini e che molto probabilmente prima della confinazione era parente o amico, diventa l’altro, quello da cui ci si differenzia, il diverso. Potenzialmente nemico, sicuramente ostile. Avere un vicino ostile serve per marcare il territorio dell’identità sociale e culturale: lo si ridisegna con stereotipi negativi, così che si presti ad essere deriso e, se è il caso, insultato. Tenendolo a distanza, la comunità si difende da possibili incroci, scambi, esogamie, che sbiadendo i suoi contorni ne indebolirebbero l’identità.
Lo stereotipo negativo fra vicini colpisce comunità di Stati (gli italiani sono mafiosi, i francesi sporchi, i tedeschi ottusi), di regioni (i liguri sono avari, i piemontesi polentoni, i lombardi razzisti), di città (torinesi falsi e cortesi, vicentini magna gatti, veronesi tutti matti, romani spocchiosi…). E colpisce gruppi sociali ancora più piccoli: i borghi, i quartieri, i caseggiati, le famiglie.
Ecco dunque il nemico-tipo dal quale difendersi: il vicino. In quanto ‘altro’ da te, estraneo al nucleo sociale che tu difendi (la tua famiglia), per principio tu lo devi sospettare di malvagità, di doppiezza, di istinto predatorio. E lo devi tenere alla larga.
Il nostro proverbio porta dunque in primo piano due componenti fondamentali della cultura contadina: l’ossessione della ‘roba’ e la denigrazione dell’altro. Con due corollari importanti:
1) nella ‘roba’ è compresa la donna, tanto nel ruolo di moglie quanto nel ruolo di figlia. Non solo: significativamente mogli e figlie occupano i primi due posti della triade del primo verso, mentre i terreni sono solo al terzo posto, per giunta ‘ingentiliti’ da una scelta lessicale – giardini – che nel rude mondo contadino ne indebolisce la forza semantica. Vuol dire che è proprio il patrimonio ‘donne’ quello che corre i rischi maggiori.
2) la diffidenza ‘a prescindere’ verso il vicino rimanda a rapporti sociali fortemente conflittuali, basati molto più sulla massima “homo homini lupus” che sull’etica cristiana. Ma questo non significa necessariamente che il proverbio affondi le sue radici in ere precristiane. A giudicare dalla nostra esperienza quotidiana, anzi, i vicinati conflittuali sono una realtà ancora oggi pressoché normale.
E quanto alla donna come oggetto passivo di proprietà del maschio… siamo sicuri di poter guardare dall’alto in basso il mondo rappresentato nel nostro proverbio? Quante volte, al contrario, ci sorprendiamo a pensare di vivere ancor oggi in società premoderne, se non primitive? Una volta tanto, dunque, nonostante le apparenze il proverbio rimanda solo in parte al mondo del passato. Purtroppo.