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Proverbi dialettali
Nulla è come il vino-sangue di Cristo.
Quando la saggezza popolare è “diversamente sofisticata”
È u vére ca re carne de Criste so’ preziose frutte
Ma u sanghe de Criste è cchiù sàupe de tutte

[È vero che la carne di Cristo è un frutto prezioso
ma il sangue di Cristo è al di sopra di tutto]
(Ruvo di Puglia)
di Alberto Sobrero
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Bruno Maggio. China

Questo proverbio si colloca sul crinale sottile che, nella cultura popolare, separa l’ortodossia dall’empietà. È una delle molte testimonianze di come due mondi opposti per definizione inconciliabili possano non solo convivere ma in molti casi fondersi senza problemi nel mondo contadino antico: che è religioso ma anche, nello stesso tempo, superstizioso, concreto e disincantato. Perennemente sospeso fra cielo e terra.

Non c’è nulla di più teoricamente sofisticato, nella teologia cattolica, del principio della transustanziazione, ossia della conversione della sostanza del pane e del vino in quella del corpo e del sangue di Gesù Cristo nella liturgia della Santa Messa. Su questo tema si è giocata nei secoli una guerra fratricida che ha portato addirittura alla scissione della chiesa luterana dalla cattolica: l’una sosteneva che nel rito della consacrazione pane e vino non mutano la loro natura, l’altra viceversa che si convertono nel corpo e nel sangue di Gesù, con argomentazioni dottrinali complicatissime.

Un evento così traumatico nella storia di tutta l’Europa non poteva passare senza lasciare tracce nella cultura popolare. Ma come potevano transitare nella cultura popolare disquisizioni dottrinali così complesse, così astratte? Solo con operazioni di traduzione dall’astratto al concreto, dalla teologia alla vita di tutti i giorni. La rappresentazione plastica della transustanziazione poteva solo avvenire attraverso immagini concrete: in questo caso particolare, le immagini del pane e del vino da una parte, del corpo e del sangue dall’altra.

Ma, una volta identificati gli oggetti del contendere, come trasformare il dibattito fra teorie incomprensibili in un problema che si possa comprendere, affrontare e risolvere con i mezzi della cultura materiale? Il nostro proverbio ci rivela una delle strategie possibili, ed è una scoperta molto interessante: ci rivela un procedimento sofisticato, scandito su tre tempi:

a) inizia con una ‘transustanziazione a rovescio’: è il corpo che si fa pane, ed è il sangue che si fa vino. Protagonisti dello scontro diventano così il pane e il vino;

b) si imposta il problema come una gara, con un vincitore e un vinto. A questo punto è facile giocare la partita: fra il pane e il vino non c’è storia, vince di gran lunga il vino;

c) si ‘ritraduce’ il vino in ‘sangue di Cristo’ e il pane in ‘corpo di Cristo’, ripristinando la situazione di partenza, e si enuncia il risultato della partita: È u vére ca re carne de Criste so’ preziose frutte / ma u sanghe de Criste è cchiù sàupe de tutte.

Un problema teologico, che più teologico non si può, ha trovato una soluzione laica, che più laica non si può.

Ecco un esempio da manuale, una dimostrazione evidente del fatto che la saggezza popolare non è semplice, povera, ingenua: al contrario, è sofisticata, ma semplicemente percorre strade diverse da quelle della sapienza teologale, con la quale noi stessi, per mille ragioni storiche, abbiamo ben maggiore dimestichezza. Per usare la terminologia oggi in uso, non è rozza: è diversamente sofisticata.

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