t’ammalazze e t’assuttigghje
[Se ti prende la collera
ti ammali e ti assottigli]
(Taranto) di Alberto Sobrero
Bruno Maggio. China
Osservando i proverbi pugliesi abbiamo già rilevato che la loro funzione fondamentale era quella di regolare il comportamento degli uomini con norme non scritte ma tramandate oralmente in forma facilmente memorizzabile. Ma a quali fonti attingevano, a loro volta, i proverbi? Quello che consideriamo oggi – e che contiene un consiglio per mantenersi in salute – ci dà una risposta interessante.
Per la salute è più che probabile che la fonte principale fosse un poema didattico che nell’antichità godette di una fortuna immensa, da fare invidia ai nostri social network. Si tratta del Regimen Sanitatis noto anche con i nomi Medicina Salernitana e De conservando bona valetudine, un distillato di prescrizioni dietetiche e di consigli per prevenire e curare le malattie che si attribuiva alla famosa Scuola Salernitana.
Secondo la leggenda, la Scuola medica Salernitana fu fondata da quattro saggi: un greco, un latino, un arabo e un ebreo, come dire che fu la somma e la sintesi del pensiero scientifico non soltanto dell’Occidente ma anche dell’Oriente europeo, grazie alla posizione strategica della Repubblica di Amalfi, vicina a Salerno e posta all’incrocio di tutte le rotte internazionali che collegavano Oriente e Occidente.
La Scuola di Salerno divenne famosa non solo tra i medici ma anche tra il grande pubblico. E nel pubblico di tutta Europa si diffusero, a cavallo tra il primo e il secondo millennio, i suoi precetti, attraverso questo poema didattico di circa 300 versi, in latino, che fu tradotto in varie lingue, fra le quali l’italiano. Ad esso attinse nei secoli successivi la cultura popolare trasformando via via le prescrizioni in aforismi, detti, proverbi di grande circolazione soprattutto fra i ceti inferiori.
La prima raccomandazione – e dunque quella fondamentale – suonava così: Si vis te reddere sanum curas tolle graves: irasci crede profanum, che si può tradurre più o meno così: “Se vuoi mantenerti sano evita le grandi preoccupazioni ed evita l’ira, passione profana”. Per quanto lontano dalla forma, il proverbio tarantino appare ritagliato, nella sostanza, proprio su questa prescrizione. E ci consente di capire, in generale, come avveniva il passaggio da un testo ‘colto’ a un testo popolare.
Nel proverbio Ci còllere te pigghje / t’ammalazze e t’assuttigghje l’indicazione astratta del precetto salernitano viene tradotta in un’ immagine plastica, con tre passaggi:
1) ‘mantenersi sano’, precetto tutto positivo, viene sostituito dal suo contrario ‘ammalarsi’ (si sfrutta il principio ben noto nella teoria della comunicazione, per cui è di norma più efficace una rappresentazione negativa che una positiva: della Divina Commedia tutti preferiamo l’Inferno al Paradiso);
2) il concetto astratto ‘ammalarsi’ è reso plasticamente con l’immagine del fisico che si assottiglia;
3) l’ira – passione astratta, di sapore letterario – viene tradotta nel più concreto ed espressivo ‘collera’ (oggi useremmo una parola ancora più espressiva e meno astratta).
È così che da “per mantenerti sano evita le grandi preoccupazioni ed evita l’ira” si arriva a “se ti prende la collera ti ammali e ti assottigli”. Si scende dal cielo alla terra passando dal latino al dialetto e utilizzando un linguaggio e delle immagini – e degli spauracchi – molto vicini alle tribolazioni della vita quotidiana, col vantaggio enorme che le nuove immagini si fissano indelebilmente nell’immaginario popolare. Grazie anche all’aiuto, non dimentichiamolo, della brevità, del ritmo, della rima, che garantiscono una facile memorizzazione.
Il primo precetto della Scuola medica Salernitana – come tanti altri testi colti – una volta convertito al dialetto non si tramanderà grazie al testo originale ma a quello della variante popolare. Il padre lo ripeterà al figlio e questo al nipote, per generazioni e generazioni, e sarà come una legge scolpita nella pietra. Così tutti ricorderanno un momento di collera, un ammalato che si indebolisce fino a morire: queste immagini sostituiranno quelle dell’ira, degli affanni, del ‘profano’: concetti astratti, di un altro mondo.