un vecchio proverbio – incredibile! – sancisce la parità. Per le botte… Marìte me sinde, mugghière te songhe
Mazzate me dà, mazzate te donghe
[Marito mi sei, moglie ti sono
Botte mi dai, botte ti do]
(Puglia settentrionale) di Alberto Sobrero
Bruno Maggio. China
È raro, se non impossibile, trovare proverbi ‘paritari’, che pongano sullo stesso piano uomini e donne. Del resto è forse vano cercarli: la differenza di genere non è un fatto meramente biologico, ma è soprattutto una costruzione sociale, basata sulla reciproca attribuzione di ruoli nella società. La coesistenza dei generi ha dato luogo, nei secoli, a una lotta di potere senza esclusione di colpi, che affonda le sue origini nella notte dei tempi (Adamo ed Eva?) e si è protratta sino ai tempi nostri (c’è qualcuno che pensa che sia finita?).
In queste lotte, i maschi hanno sempre giocato la parte del dominatore, anzi del prevaricatore. I primi dubbi su questa palese diseguaglianza si sono affacciati solo nel XIX secolo, e in poche occasioni; sia il potere civile che quello religioso hanno continuato a rivendicare la supremazia ‘naturale’ dell’uomo sulla donna sino al XX secolo inoltrato, anche nelle sedi più autorevoli: il codice civile da una parte, le Encicliche pontificie dall’altra.
Perché stupirsi, dunque, della misoginia tenacemente radicata nei proverbi della campagna pugliese, che affondano le loro radici in età così profondamente intrise di maschilismo? L’inferiorità della donna era accettata pacificamente da tutti, uomini e donne, di tutti gli strati sociali, in tutte le regioni. E la saggezza popolare era prodiga di consigli sul modo di mantenere le distanze, per rispettare quella che sembrava una legge di natura, destinata a durare per sempre.
Stupisce dunque non il proverbio misogino – frequente, spesso sarcastico, feroce, sprezzante nei confronti delle donne – ma il suo contrario. E bisogna dire che i proverbi e i motti proverbiali che mettono in buona luce le donne sono pochi, ma ci sono. Riflettono più che altro la sorpresa, anzi l’inquietudine dell’uomo che scopre in una donna capacità, e magari poteri, superiori ai suoi: sgrana gli occhi, ed esprime tutto il suo stupore nel constatare, ad esempio, che la fìmmana face cu nna parulina / cchiùi de lu màsculu cu ccentu discorsi (la donna fa con una parolina / più del maschio con cento discorsi). E può arrivare a riconoscere che – a dispetto dei ruoli formalmente assegnati e accettati – chi comanda davvero, in famiglia, non è l’uomo ma la donna: maritu propone / e mmujere dispone. Sino al riconoscimento supremo: ammettere che ogni donna ha la capacità e il potere di plasmare il suo uomo: la fìmmana face l’ommu (è la donna che fa l’uomo) e che il buon andamento dell’azienda ‘famiglia’ è in realtà assicurato più da lei che da lui, addirittura nel rapporto di tre a uno: lu maritu mantene l’angulu de la casa / e la mujere ttre (il marito tiene in piedi un angolo della casa e la donna tre).
Ma c’è di più. Negli strati sociali più umili, dove l’uomo gioca la propria vita quasi esclusivamente sul piano della fisicità, la superiorità di un genere sull’altro si manifesta attraverso la forza fisica. E qui non c’è dubbio: l’uomo è più forte, lo riconoscono tutti. Eppure… Eppure anche qui può accadere il miracolo della parità. Parità di botte, di mazzate. Marìte me sinde, mugghière te songhe / Mazzate me dà, mazzate te donghe. Come dire che anche a pugni e calci non è detto che la vittoria spetti sempre all’uomo.
Un mondo alla rovescia, con la donna pari, se non superiore, all’uomo. Anche questo c’è nei nostri proverbi, che sul mondo reale la sanno lunga. Tanto da arrivare persino a immaginare un futuro inimmaginabile…
P.S. Una curiosità che merita indagini più approfondite: ho citato proverbi salentini, a commento di uno pugliese, perché mi risulta che i proverbi ‘paritari’ – nei limiti che ho detto – sono più numerosi nel Salento che nell’area pugliese settentrionale. Sarà vero? E se è vero, come si spiega? Mi piacerebbe sentire l’opinione di qualche lettore.