Un dolce rifugio per l’avifauna lungo la costa jonica Questa zona umida era sede di un insediamento dei monaci benedettini che ne ricavavano il sale probabilmente già all’inizio dell’anno Mille.
Cementificazione e degrado la stavano distruggendo.
Grazie all’istituzione, nel 2002, della Riserva naturale regionale oggi è un piccolissimo paradiso di flora e fauna di Emanuela Rossi e Salvatore Inguscio
Saline dei Monaci. Torre Colimena, Manduria (Taranto). Foto Archivio Avanguardie
Appena superato il confine della provincia di Lecce lungo la costa jonica, entrando nel territorio tarantino, incontriamo un luogo che è stato strappato all’incuria e all’asfalto selvaggio ed è fortunatamente divenuto Riserva naturale regionale orientata: la Salina dei Monaci.
Si tratta di una piccola depressione sabbiosa che si sviluppa in zona retrodunale circa 300 metri a ovest dell’abitato di Torre Colimena, oggi collegata al mare attraverso un canale e protetta a monte da un’altura. È un’area di piccole dimensioni ma importante, tanto da essere da sempre contesa dai comuni di Avetrana e Manduria; attualmente fa parte del territorio di quest’ultima. Nella conca sabbiosa, infatti, si produceva quello che in passato veniva considerato l’oro bianco: il sale. La prima documentazione storica della produzione del sale risale al 1731 ma sembra che i monaci benedettini lo ricavassero da quest’area già poco dopo l’anno mille. L’acqua di mare, in origine, veniva portata dalle mareggiate ma, per migliorarne lo sfruttamento, in seguito fu eseguito un taglio nella roccia dotato di chiuse in legno che ne hanno regolato l’afflusso.
Questa zona scampò alla bonifica effettuata nell’area alla fine del 1800 mentre subì – anche se in modo lieve – quella degli anni ’40-’50 del secolo scorso. La realizzazione della strada statale provinciale jonico-salentina e il caotico sviluppo turistico si sono tradotti in una colata di cemento che ha comportato, dal punto di vista naturalistico, la distruzione delle dune litoranee che chiudevano al mare la salina, la cancellazione di ampie superfici di macchia mediterranea e la compromissione della falda acquifera. Va sottolineato, inoltre, che i bracconieri frequentavano il sito limitando fortemente la possibilità per l’avifauna migratoria di sostare e che la stessa salina è stata spesso usata come campo da calcio, cosa che ne ha modificato pesantemente la vegetazione.
I monaci l’avevano resa una vera “fabbrica” del sale, con la realizzazione di un edificio per la lavorazione ed il deposito del sale, una torre di guardia e una cappella con affreschi dedicata alla Madonna del Carmelo. Di tutto questo attualmente non restano che ruderi. Fortunatamente la protezione naturalistica, l’istituzione di un SIC nell’area e l’istituzione del parco il 23 dicembre 2002 hanno consentito almeno una rinaturalizzazione dell’area e la deviazione della litoranea con il recupero del tratto prima asfaltato a vantaggio della mobilità lenta. L’area della salina è così tornata ad essere accogliente per l’avifauna; sostano e vi trovano nutrimento numerosi uccelli tra cui il cavaliere d’Italia, diverse specie di aironi, il fenicottero rosa e il martin pescatore. Dal punto di vista vegetazionale troviamo piante alofile come la salicornia, una piccola macchia mediterranea e una gariga, oltre a numerose orchidee come l’ofride di Creta (Ophrys candica) e il viticcino autunnale (Spiranthes spiralis); belli e cospicui i ginepri delle dune (Juniperus communis). Come avifauna, oltre alle specie già citate, si segnala la presenza dell’airone rosso (Ardea purpurea), del gabbiano corso (Ichthyaetus audouinii) e della poiana (Buteo buteo) ma l’area è popolata anche da altri animali interessanti. Tra i rettili si segnalano l’orbettino (Anguis fragilis), la salamandra (Salamandra salamandra) e la testuggine di Hermann (Testudo hermanni); tra i mammiferi, ormai rari, il coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus) e la lepre (Lepus europaeus). Tra gli insetti ci sono numerose farfalle, tra cui la dorata megera (Lasiommata megera), la variopinta ninfa del corbezzolo (Charaxes jasius) e il bellissimo macaone (Papilio machaon).
Un intrigante itinerario trekking attraversa l’area consentendo una fruizione delicata a chi ama fare ecoturismo, come noi di “Avanguardie”.
DOVE: Torre Colimena (TA)
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