Una strada dai mille tornanti è la spina dorsale storica di un paesaggio mozzafiato. Dagli oliveti terrazzati alle falesie a picco sul mare uno spettacolo naturale imperdibile, anche nei suoi angoli più segreti di Francesco Minonne
Parco Naturale Regionale Costa Otranto-Leuca. L'incantevole scogliera in località Acquaviva,
subito a sud di Castro. Foto di Francesco Minonne
La lunga costa rocciosa orientale che da Otranto si estende fino a Santa Maria di Leuca si presenta al viaggiatore come un’entità paesaggistica ben definita, a tratti aspra e selvaggia, spesso frammentata e discontinua ma certamente tra le più belle e interessanti di Puglia.
Non a caso qui, dove l’ultimo tratto di Adriatico cede il passo allo Ionio, nasce una grande Area Protetta, istituita con Legge regionale nel 2006 ed entrata a far parte della rete delle riserve e parchi naturali del Salento; una lunga striscia di terra compresa tra due baluardi storici della costa: Torre del Serpe, un vecchio faro di origine romana, luogo dei leggendari avvenimenti narrati da Maria Corti ne Il canto delle sirene, apre la porta del Parco, nel punto più ad est d’Italia (Palascìa) e ci dirige in un percorso emozionante tra suggestive insenature, pascoli, pinete, oliveti, piccoli boschi e profondi canaloni fino al possente faro di Leuca, terminando quindi in quel Finis terrae, dove anche l’Italia finisce e guarda oltre verso un altro continente.
Un perimetro amministrativo complicato custodisce ricchezze geomorfologiche, rarità botaniche e faunistiche, gran parte delle quali già messe in luce dagli studiosi del passato ed altre rinvenute e descritte da ricercatori contemporanei; dalle loro peregrinazioni, da importanti viaggi di studio e di scoperta sono state segnalate e conosciute specie rare o del tutto assenti in altre parti del mondo.
Si pensi soltanto che qui trovano rifugio quasi tutti gli endemismi salentini sia floristici che faunistici; specie esclusive del Salento come il garofanino salentino (Dianthus japigicum), il fiordaliso di Leuca (Centaurea leucadea), il fiordaliso nobile (Centaurea nobilis), la veccia di Giacomini (Vicia giacominiana) tra le spettacolari falesie costiere condividono lo spazio con altre specie rare come l’alisso di Leuca (Aurinia leucadea), la campanula pugliese (Campanula versicolor) e l’efedra orientale (Ephedra campylopoda) che trova qui l’unica stazione italiana.
Un nutrito gruppo di orchidee, dei generi Serapias, Ophris, Orchis, Spiranthes, Anacamptis, Epipactis, arricchisce la componente flora del Parco di rarità e forme di straordinaria bellezza.
Tra le specie arboree la quercia vallonea (Quercus macrolepis subsp. ithaburensis) ha proprio qui, e in particolare nel territorio di Tricase, il suo avamposto più occidentale d’Europa. Quercia delle foreste balcaniche, costruisce in quest’area un paesaggio arboreo fatto da esemplari monumentali come la famosa “Vallonea dei Cento Cavalieri”, spartitraffico di eccellenza sulla strada che da Tricase conduce al porto e alla suggestiva panoramica verso il Capo di Leuca; percorrendola si incontrano in successione la regale Torre Naspare, il porticciolo rupestre di Novaglie, il Canalone del Ciolo, con le sue grotte spettacolari che da qui si infittiscono in un incredibile labirinto sotterraneo che si apre poi ripetutamente nel mitico mare di Leuca.
La ricchezza dei fenomeni carsici ed erosivi trova la sua massima espressione proprio in questa miriade di grotte costiere, spesso semisommerse, che rappresentano veri e propri santuari di valenze geomorfologiche e rarità animali.
Ricordiamo come in quest’area vi sia stata l’ultima presenza regionale del mammifero più raro d’Europa, la foca monaca (Monachus monachus). Sempre in questi ambienti la fauna troglobia annovera diverse specie di rari invertebrati; endemiti pugliesi, come Typhlocaris salentina, ed altri organismi che trovano nelle grotte sommerse e semisommerse condizioni di rifugio e sopravvivenza, come Higginsia ciccaresei, una spugna nota esclusivamente per le acque di Grotta Zinzulusa. Ma il Parco custodisce anche alcuni degli esempi più rilevanti di complessi preistorici d’Italia come quelli indagati nelle grotte dei Cervi, Romanelli, Zinzulusa e ancora Leuca.
Aspetti storici legati alle incursioni saracene si esprimono, invece, nel sistema di torri di avvistamento e fortificazione che insieme ad importanti masserie dell’entroterra compongono un quadro storico-culturale tra i più ricchi e interessanti della Puglia.
L’architettura rupestre e le colture agrarie tradizionali delineano infine un paesaggio antropico arcaico; gli oliveti terrazzati coprono gran parte della superficie agricola interna al perimetro del Parco e labirinti di muretti a secco definiscono il trionfo della pietra nei terreni poveri da coltivare.
Non mancano al riguardo opere straordinarie per la mole e per la perfezione dei manufatti; è possibile, ad esempio, imbattersi in imponenti muraglie di pietre a secco (mantagnate) costruite per proteggere sparute piante di olivi, fichi, peri ed altre antiche specie da frutto.
Alcune delle varietà agrarie presenti sono ormai diventate vere rarità botaniche custodite spesso nei tantissimi minuscoli orti e frutteti tradizionali. È il caso della pastanaca de Santu Pati a Tiggiano, del pisello secco di Vitigliano, del cavolo mùgnulo salentino, della cicoria otrantina, che oggi si tenta di rilanciare in un circuito virtuoso in cui produttori e consumatori consapevoli costruiscano una nuova cultura del cibo.
Allo stesso modo si cerca di fare per la produzione dell’olio, del grano e dei formaggi tipici, come quelli ottenuti dai vecchi pascoli mediterranei, ambienti rari su scala europea, ma qui ben rappresentati e oggetto di particolare tutela.
La gestione sostenibile di questi e degli altri importanti habitat che il Parco racchiude è la principale sfida che l’Ente gestore e le popolazioni locali dovranno affrontare nei prossimi anni.
DOVE: Litoranea Otranto-Leuca (LE)
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