Il sottosuolo è l’habitat di un intero universo di creature che hanno trasformato le loro caratteristiche morfologiche per assicurarsi la sopravvivenza di Emanuela Rossi, Salvatore Inguscio
Spelaeomysis bottazzii è un crostaceo cieco, diffuso nelle acque sotterranee di tutta la Puglia, ad esclusione del Subappennino Dauno, e raggiunge lunghezze comprese tra 6.5 e 13 mm. Foto gentilmente concessa da Roberto Pepe
La Puglia ha un primato sconosciuto ai più: è la regione d’Italia più interessante dal punto di vista biospeleologico. La biospeleologia (da bios=vita, spelaion=grotta, logos=discorso) è un ramo delle scienze che studia la fauna ipogea. Mentre noi camminiamo, mangiamo e dormiamo, sotto i nostri piedi si muove un mondo fatto in gran parte di piccole creature diafane che si sono adattate a condizioni particolari come la mancanza di luce, l’alta umidità relativa, la scarsità di cibo. Il loro corpo ha assunto trasformazioni tali da poter sopravvivere in questo ambiente. Gli animali ipogei, infatti, sono senza occhi e hanno il corpo depigmentato e munito di numerose setole e peli con funzione tattile e sensoria. In molti casi il popolamento dell’ambiente ipogeo è stato causato da variazioni climatiche esterne che hanno spinto gli animali in ambienti più stabili.
In Puglia vivono 44 specie ipogee, sono chiamate troglobie quelle terrestri e stigobionti quelle acquatiche. Appartengono a varie classi; tra le più importanti troviamo Crostacei, Insetti e Aracnidi. 28 delle 44 specie sono endemiche, ossia vivono solo in Puglia. Quella che ha le caratteristiche più sorprendenti è Spelaeomysis bottazzii, crostaceo cieco appartenente all’ordine dei Misidacei. Questo miside è diffuso nelle acque sotterranee di tutta la Puglia, ad esclusione del Subappennino Dauno, e raggiunge lunghezze comprese tra 6,5 e 13 mm. Anoftalme e completamente depigmentato, presenta un notevole allungamento delle antenne e delle altre appendici e ha un carapace molto lungo, che ricopre quasi un terzo della lunghezza del corpo. Particolare anche il modo in cui si alimenta: a volte rimane fermo in una posizione e muovendo alcune appendici vicino al torace crea delle correnti idrodinamiche che spingono il cibo verso la bocca, dove viene filtrato attraverso le setole delle mascelle. Altre volte staziona su grandi pezzi di cibo in modo da staccarne delle porzioni o su pezzi di roccia calcarenitica, per sminuzzarla e filtrarla, trattenendo così piccole particelle di cibo presenti in essa.
Spelaeomysys bottazzii è una specie eurialina ed euriterma, ossia riesce a sopportare notevoli variazioni della salinità dell’acqua e di temperatura; la prima caratteristica gli permette di vivere in acque sotterranee vicine alla costa, composte da acque salmastre. L’eurialinità sembra legata all’origine di questo crostaceo e al suo popolamento delle acque sotterranee pugliesi: i suoi antenati vivevano in acque salate e trasgressioni marine con successive regressioni hanno isolato alcuni esemplari nelle grotte e nei vari ipogei dove alcuni di essi sono sopravvissuti, adattandosi al nuovo ambiente. Le femmine di Spelaeomysis presentano una serie di lamine appiattite, oostegiti, che si originano da segmenti toracici e si susseguono formando una tasca incubatrice ventrale, ossia un marsupio dove deporre le uova. La riproduzione avviene nella falda profonda in zone a temperatura costante e in genere molto più tranquille. Le femmine ovigere hanno circa una quindicina di uova più grandi di quelle delle altre specie dello stesso ordine. Altra particolarità straordinaria è che, una volta liberati i piccoli, le femmine mutano assumendo un aspetto giovanile. Questa strategia evita loro di essere fecondate dai maschi e di andare nella falda profonda senza avere il tempo di nutrirsi.